recensione diMauro Giori
La confusion des genres
Il film ricama sul risaputo tema della crisi della famiglia nel tentativo di delineare la possibilità di reinventare i rapporti privati, illustrando al contempo la difficoltà di uscire dalle strade canoniche.
L'estrema confusione della vita irrisolta del protagonista, l'avvocato di mezza età Alain, è messa in contrasto con la semplicità disponibile del ragazzo che lo ama – Christophe (interpretato dall'attore Cyrille Thouvenin, gay dichiarato), disposto a sperimentare qualsiasi tipo di famiglia allargata pur di rimanergli vicino – e con la dissoluzione del senso della famiglia incarnata dalle due coppie dei genitori, oltreché simboleggiata dal matrimonio del tutto privo di significato che unisce (ma non lega) Alain e la collega, la quale per altro si scoprirà priva di istinto materno.
L'emblematicità di questi personaggi, talora fin troppo schematici (pensiamo al giovane omicida che misura i sentimenti suoi e altrui in base alle proprie erezioni), è evidenziata dalla recitazione sopra le righe, la cui alienata e gelida esasperazione è stemperata di quando in quando da qualche tocco umoristico.
La confusione appare infine non tanto legata ai generi quanto alla capacità o meno di seguire con sincerità i propri sentimenti anziché subire passivamente i vincoli delle norme sociali, accettandone anche l'instabilità e sapendo inventare individualmente forme di relazione (e di famiglia) adeguate a soddisfare tali esigenze. Tutte cose che Alain è incapace di fare (anche se via via qualcosa sembra cambiare), perché è uno di quei bisessuali che sono in realtà omosessuali velati e indecisi: non sa rinunciare all'idea tradizionale di famiglia né gestire il rapporto di amore/odio che ha nei confronti delle donne; è più imbarazzato che coinvolto dall'amore incondizionato che Christophe gli dimostra; rimane perplesso di fronte ai sentimenti che prova per la parrucchiera; non sa gestire né accettare l'attrazione provata per il giovane omicida.
La soddisfazione sembra essere una chimera per tutti, eppure il film comunica costantemente l'impressione che le cose siano in fondo più semplici di quanto i personaggi non credano.