recensione diDaniele Cenci
Piccolo romanzo magrebino. Poesie per adolescenti arabi
Nico Naldini è apprezzato per la cura degli epistolari e per le dense biografie dedicate a Comisso, De Pisis, Leopardi, Parise, Pasolini, dove esplora i labirinti della loro vita con un originale scavo critico.
Anche la sua poesia incanta e ci coinvolge nelle trame narrative del sogno di una cosa.
La materia che intesse i versi di questo Piccolo romanzo magrebino è fatta di emozioni intarsiate di memoria letteraria: le costellazioni dell'infanzia, l'eco kavafiano della sensazione amata come balsamo nella solitudine, il calore sahariano dove tutto si stempera "lungo il tremolante limite" dello sterminato orizzonte.
E, ancora: il canzoniere per il piccolo cacciatore Houssem (visitatore notturno e simulacro del desiderio); la felicità dell'ora, il vento bugiardo; l'enigma dell'attesa e dell'abbandono, le albe d'estate.
Il poeta osserva il filo con cui gli adolescenti cuciono la fedeltà all'infedeltà "in una trama unica": la verità degli amici/amanti, intrappolata tra tanti fili, sembra "svanire" insieme ai suoi miraggi.
"Come frutti che rabbrividiscono
sull'albero della vita
i ragazzi improvvisano a spogliarsi":
scrittura cristallina, in cui s'evidenzia lo scambio fecondo tra natura e cultura che nutre il libro, come linfa sotterranea.
Questo nostalgico impasto di corpi e colori d'Africa evoca l'universo erotico dell'Antologia palatina e l'insuperato magistero di Sandro Penna.