recensione diDaniele Cenci
Canzonette priapee
Bona, originale testimone della poesia del secondo Novecento, veste qui i panni di un Priapo insolente, che rievoca le strategie del desiderio omosessuale e le mille saporose avventure di un'intera esistenza.
Egli sa decantare la cruda, umoristica lezione dei Carmina priapea con la memoria pederotica dell' Antologia Palatina e l'insuperata "cantabilità" del genio di Penna.
Un'equazione pervade l'intera raccolta: navigare in mare aperto abbacinati dal sole è come amare senza ritegno, mentre le reti dell'eros permangono insondabili come le vaste distese dell'oceano.
Similitudini e visioni percorrono l'agile libretto: l'"uccello" serrato nella patta (o "bozzo passeraio") al pari di un usignolo annidato nel bosco; gli adolescenti che "pisciano alle stelle" rimirandosi il "fiore" tra le mani; i genitali d'un giovane marinaio bianchi come "colombe navali".
Quando il fulgore del culo maschile trascolora nell'immensità del mare, come per miraggio appaiono all'orizzonte i soldati di leva, freschi e arrapati; e, se sul greto di un fiume i compagni "sbottonandosi si toccano", nella "magica latrina" cinguetta il "fringuello" nelle brache d'un carabiniere: per finire con "A ciel sereno", dove due ragazzi scopano felici tra il lento, incantato sciabordio delle acque.