Il conservatore libertino

Intervista a Gian Piero Bona

8 agosto 2005, "Pride", agosto 2005

Gian Piero Bona, romanziere e poeta piemontese, ci parla dell'ultimo suo libro, una bella raccolta di poesie erotiche, ma anche della sua lunga attività letteraria, delle sue amicizie, del suo mito di un'omosessualità virile ed eroica, delle sue nostalgie.

Bona, l'omoerotismo è uno dei temi dominanti di tutta la tua produzione letteraria, ma solo adesso, alla soglia degli ottant'anni, emerge con tanta forza e tanta spregiudicatezza. Perché?
Forse perché sono vecchio e ad una certa età bisogna prepararsi a volare, perché morire è volare, e per volare bisogna essere leggeri, bisogna cominciare a buttar via la zavorra, le ipocrisie, i falsi pudori, i silenzi. Credo che questo libro mi farà volare più leggero.

Quando sono state scritte queste poesie?
Sono poesie che coprono un lungo arco di tempo, dalla prima che si intitola "Adolescenza" all'ultima sull'Aids. Sono state scritte così... al vento, in viaggio, nei momenti di rimpianto del tempo andato.
Erano lì, accumulate in un cassetto, ma cominciavano a fare rumore perché il cassetto era pieno e reclamavano di essere tirate fuori, così le ho rivisitate per la pubblicazione ed eccole qua.

L'erotismo di queste poesie è esaltazione della vita, sfida al perbenismo, ma è anche angoscia e morte. è così?
Sì, è così. Per me l'erotismo parte da una condanna, la precarietà dell'orgasmo e la continua coazione a ripeterlo, e questo genera angoscia. Già presso gli antichi era connesso con la morte: eros e thanatos.
Sade lo sapeva, e proclamava che per familiarizzare con la morte bisogna legarla ad una idea libertina. Solo allora eros diviene accesso a sempre nuove emozioni.

Tu hai pubblicato libri importanti con grandi editori, però sei rimasto sempre un po' isolato, un eccentrico nel panorama della letteratura italiana... perché?
Sì, sono un eccentrico e gli italiani non amano l'eccentricità, amano le Accademie, amano il sistema, perché non sono sicuri di se stessi, perché la storia dell'Italia è la storia di un paese servo.
La mia formazione è più europea. Anche il mio amore per la Grecia e la Sicilia è filtrato dalla mia cultura nordica.
Ho vissuto la mia infanzia in Svizzera, ho avuto una governante francese, ho respirato un'aria più cosmopolita. Un po' automaticamente orecchiavo le tematiche nordiche: anche l'esoterico, l'occulto, i fantasmi, temi che comunque non nascevano solo da una ricerca intellettuale. Io fin da bambino ho vissuto strani fenomeni che poi ho elaborato nei miei libri e quindi sono stato giudicato un eccentrico perché non ho seguito la linea tradizionale italiana.
E così i critici che hanno bisogno di schemi non sanno dove catalogarmi, in quale schema inserirmi.
Ho avuto forse la sfortuna di non nascere in Inghilterra. Lì non avrei avuto difficoltà: pensa a cosa non hanno scritto sull'alchimia, sui fantasmi, tanti scrittori inglesi. Qui da noi appena uno è un po' "metafisico" viene subito sospettato di essere un asociale, un individualista, non impegnato... ma la letteratura non è essa stessa un impegno ?

Tu hai esordito negli anni cinquanta, proprio con un libro di poesia. Mi parli un po' di quegli anni?
Si, il mio primo libro è una raccolta di poesie, I giorni delusi, uscito da Mondadori con l'avallo di Vittorio Sereni. Poi ho incontrato il vecchio Scheiwiller, pensa che ci siamo incontrati per caso, in bicicletta, lui mi ha preso in simpatia e ho cominciato a pubblicare con lui. All'inizio ero un poeta "neoermetico", come si diceva allora, ma poi sono approdato ad una forma di classicismo nuovo (non dico "neoclassicismo" perché è un termine ambiguo che non mi piace) quindi ad una poesia chiara, precisa.
Poi c'è stato il primo libro di narrativa, Il soldato nudo, che era piaciuto tanto allo scrittore Giovanni Comisso. Lui era impazzito per questo libro. Lui e Soldati hanno voluto che partecipasse allo Strega.

Raccontami delle tue amicizie di quegli anni, Comisso, Soldati...
Comisso era un uomo delizioso, di una dolcezza, di una inventiva straordinaria e poi era molto bello. è stato un carissimo amico. Abbiamo fatto tante cose insieme, mi voleva molto bene. Ho un epistolario con lui, pensavo di pubblicarlo, ma forse è troppo privato... non so.

Comisso era anche il più spregiudicato degli scrittori omosessuali di allora?
Si, di lui tutti sapevano in maniera chiara.
Fra gli altri, di Mario Soldati, no, non si sapeva molto. Lui era con i piedi in due staffe: ha avuto pure due mogli, figli...
Sono stato molto amico anche del poeta Libero De Libero che era molto abbottonato, come anche Diego Valeri...In quegli anni a Roma ho frequentato anche Sandro Penna, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini...

Quale ricordo conservi di loro?
Penna era un viandante, un uomo dolce, imprendibile, l'uomo dei grandi abbandoni.
Visconti invece era proprio il classico aristocratico, con potere di vita o di morte sugli altri: sono stato alcune sere a casa sua, ma le serate che organizzava con i ragazzi non mi piacevano. Lui i ragazzi li bruciava, e non era solo un fatto di classe sociale.
Pasolini l'ho frequentato di meno: era un uomo di grande intelligenza, però mi faceva un po' paura la sua temerarietà. Gli ho visto fare cose che io non avrei mai potuto fare, per paura, per viltà forse... Però era un illuso: la società la voleva piegare secondo le sue idee, ma è la società che ti piega, non c'è niente da fare. E poi, nonostante quello che gli avevano fatto, credeva ancora nel partito comunista, ma i comunisti erano terribili, per loro l'omosessualità era un vizio borghese e gli omosessuali li perseguitavano. Altro che libertà che doveva arrivare dall'oriente...

Come si viveva in quegli anni l'omosessualità?
Si viveva benissimo.
A Roma si facevano cose pazzesche, che oggi nemmeno si immaginano.
Pensa che una volta io e un mio amico siamo passati davanti all'altare della patria, ci siamo fermati al corpo di guardia del Vittoriano dove conoscevamo un caporalmaggiore che ci ha detto: "Tornate dopo, i due di sentinella smontano tra mezz'ora, ve li mando sul porticato", e noi mezz'ora dopo ce li siamo fatti lì, sul porticato del monumento al milite ignoto... Questo non è mito, è realtà. E poi con i corazzieri!
Oggi, figurati! Oggi è un disastro, una tristezza, tutto chiaro, tutto deve essere riconosciuto, tutto deve essere ostentato...

Tu invece sei per le cose furtive e nascoste?
Sì, io amo le ombre, forse perché ho la luna in prima casa, non amo le cose plateali. Fare le cose di nascosto ha un grande fascino.
Io non ho mai detto niente né a mia madre né a mio padre, mio padre però aveva ricevuto delle lettere anonime e lo sapeva.
Durante la guerra abbiamo nascosto un mio compagno di scuola ebreo, un russo ebreo... adesso è morto. Avevamo 14-15 anni... proprio l'età della scoperta... sono state le prime esperienze sessuali.
Lui non era omosessuale, poi si è sposato. C'erano degli ufficiali nazisti che avevano occupato la scuola davanti alla nostra casa in campagna. Io e il mio amico suonavamo il pianoforte a quattro mani e veniva anche un ufficiale nazista che era organista della cattedrale di Brema... immagina il terrore di mia madre.
Io e il mio amico dovevamo nasconderci da tutto, eppure è stata un'esperienza straordinaria, sessuale, ideologica, di guerra, di panico.
Adesso ho finito di scrivere un romanzo memoriale dove racconto questa storia. La intitolo Il nome del piccolo amante ebreo, o forse Il nome del piccolo amico ebreo.
Dopo la guerra poi ...io debbo dire che ho vissuto un periodo storico straordinario per l'omosessualità.


Questo periodo d'oro dell'omosessualità lo collochi nel dopoguerra?
Beh, diciamo tra il 1948 e il 1968, venti anni veramente incredibili, poi è cominciata questa idea di palesare tutto, ma io sono convinto che noi omosessuali non saremo mai amati. Potremmo fare un elenco di almeno 100 geni della storia, della cultura, dell'arte, che sono stati omosessuali, quindi siamo in buona compagnia, ma in buona compagnia con quei signori, non in questa democrazia, che è una democrazia borghese.
È inutile pensare di poter essere liberi.
Quando c'è stato il world pride nel 2000 io ero contrario, ero una voce fuori dal coro. L'omosessualità è una cosa seria, come l'eterosessualità, ma a volte ho l'impressione che la si voglia trasformare in una buffonata. Allora la società benpensante, eterosessuale, ride, ti sberleffa, insomma si fa un cattivo servizio a se stessi.
Io non riesco a scindere l'omosessualità dal grande pensiero antico, dalla filosofia. Non mi interessa la boutique dei travestiti...
Sarò controcorrente, lo so, i giovani omosessuali non sono d'accordo, dicono che sono snob, ma io ho fatto cose che loro nemmeno si sognano.
Per me esiste il mondo degli eroi e il mondo delle sarte, e credo di aver scartato dalla mia letteratura il mondo delle sarte...

Però anche in una democrazia borghese si può, e secondo me si deve, pretendere di avere gli stessi diritti degli altri... Essere tutti uguali non è la realizzazione della democrazia?
Che tutti abbiano gli stessi diritti sono d'accordo, ma è importante non fare pasticci. Il matrimonio, per esempio, non ci riguarda, è un'altra cosa, non ci appartiene. Diventa persino grottesco.

Secondo me, bisogna evitare la pubblicità, ma non per una forma di viltà. Io non andrei mai in una chiesa o in un municipio a farmi sposare. Voglio i miei diritti, questo sì.

Ma per avere i diritti è necessario pretenderli, è necessario che si sappia che esistiamo, o no?
Ma che esistiamo lo sanno, figurati se non lo sanno. Ma poi credo che non esistano regole. Per me sono troppo importanti le ombre, le cose nascoste.
Io sono stato educato dai gesuiti e li ringrazio per avermi insegnato la trasgressione e il peccato perché le cose che si facevano dietro le siepi di notte sotto la luna avevano un sapore che non avrebbero avuto se fossi stato educato da laico, magari all'Arcigay. Sarebbe stato di una noia infinita.
Io debbo ringraziare i miei inquisitori perché hanno poetizzato la mia omosessualità. è per questo che non mi sono mai fatto coinvolgere da questi movimenti e ho voluto affermarmi come scrittore non gay.
Che poi io lo sia, questo è un altro discorso. Non ho problemi a dichiarare quello che sono, però non voglio abdicare alla mia visione mitica dell'omosessualità.

Ma l'omosessualità mitica di cui parli era un privilegio di pochi, era una cosa aristocratica o no?
Sì, ma allora erano aristocratici anche i marinai.
Ne ricordo uno che avevo conosciuto in Grecia nel 1949, era bellissimo. Siamo andati a farci al Partenone al chiaro di luna... E lui poi mi disse: "Vieni a trovarmi al Pireo, c'è un cacciatorpediniere". Dopo qualche giorno sono andato, c'erano 40 marinai sul ponte che volevano che salissi, e non erano certo aristocratici, però avevano una visione dell'amicizia erotica che era molto classica.
Sono stati 20 anni veramente pazzeschi e poi senza pericolo, andavi liberamente nei giardini, nei parchi: oggi ti uccidono.
Oggi la gente si è infurbita troppo, e poi le donne la danno via tutte, c'è una noia anche nell'accoppiamento eterosessuale, provocata dalla facilità e dalla libertà di scopare e allora... non ci resta che cantarle, quelle avventure.
Per me il sesso è sempre una cosa rubata, è un furto, meraviglioso. Oggi non rubano più niente...

Come sono state accolte queste Poesie priapee dai tuoi amici dell'establishment lettereraio?
È strano: da molti, anche cattolici, sono venuti apprezzamenti, spesso inattesi. Certe censure invece arrivano da dove non me le aspettavo.
Una mia amica, importante nel mondo della letteratura, mi ha detto: "Sai, Gian Piero, non ti fanno mica buon gioco queste poesie, io sono preoccupata... E poi, se debbo essere sincera, le ho trovate un po' cheap".
"Cheap! No, cara", le ho risposto, "non sono cheap, sono cip cip... perché parlano di uccelli!".

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