recensione diFrancesco Gnerre
Dove la terra finisce
Provincetown è situata su un lembo di terra all’estremità di Cape Code, a due ore da Boston. E’ una città che per sua natura “è una destinazione”. “E’ il punto dove finisce la terra. Non è sulla strada di altre mete. Una delle sue attrattive sta nel fatto che le persone che ci arrivano hanno compiuto un certo sforzo per farlo”. E’ un posto che da circa quattrocento anni attrae rifugiati, ribelli e visionari di vario genere e che negli ultimi decenni si è popolata di gay, artisti e di persone eccentriche. “E’ la sola cittadina che conosca, scrive Cunningham, dove coloro che vivono fuori dalle convenzioni sembrano superare numericamente coloro che vivono all’interno di canoni precisi come casa, matrimonio regolare, lavoro rispettabile e figli biologici. E’ il posto in cui persone che altrove vengono considerate reietti e paria possono diventare membri illustri della società.(…) e da molto tempo è possibile, per fare un esempio, a una coppia di uomini camminare mano nella mano lungo
Commercial Street portandosi dietro il loro bambino peruviano adottato senza suscitare eccessiva curiosità”. In questo luogo straordinario, una specie di versione più bella del mondo, Cunningham passa molti fine settimana e spesso periodi più lunghi di vacanza o di lavoro. Qui ha conosciuto il suo compagno col quale vive da quindici anni e qui sogna di finire la sua vita.
Uno strano libro, un po’ di consigli per chi intenda avventurarsi fino a Provincetown, un po’ di ricordi autobiografici, un Cunningham minore rispetto ai romanzi ( Le ore e Carne e sangue, soprattutto), ma sempre capace di farci intravedere, anche dietro un’annotazione paesaggistica o di folklore, quei momenti di verità che solo un grande scrittore sa cogliere.