La palma di Rusafa

2 settembre 2005

Questo è il più lungo dei libri scritti da Annie Messina. Forse non è il migliore, ma sicuramente il più rispettoso della forma narrativa orientaleggiante, a scatole cinesi, che permea la favolistica araba medievale. Si legge alquanto scorrevolmente e non presenta difficoltà di comprensione, riguardo allo stile. Solo tenendo conto dell'ambiente culturale cui la Messina si è ispirata, si potrebbe forse evitare di venir delusi dall'eccessiva semplicità narrativa, la quale invece è all'origine della migliore leggibilità delle storie incastrate l'una nell'altra.


Il prode e fiero cavaliere arabo Ahmed ibn Hassan si reca a Damasco dalla lontana Andalusia islamica. Egli è mosso dal desiderio di conoscere la sorte dell'amata moglie e del figlio dispersi in una strage, durante l'assedio della sua città da parte delle truppe del califfo usurpatore del trono omayyade. Nell'ex capitale dell'impero arabo, Ahmed si aggira nel suk e s'imbatte in un ladruncolo. Il ragazzino Sa'id, spinto dalla fame, cerca di rubare le monete d'oro che il cavaliere porta con sé; il tentativo fallisce per la prontezza del cavaliere che minaccia il ragazzino di portarlo dal giudice ma il ragazzino gli spiega che è costretto a cercare di sfamarsi. Il cavaliere è mosso da pietà e gli offre una moneta d'oro e la possibilità di entrare al suo servizio per mantenersi, facendogli da paggio.


Un anziano beduino, che aveva osservato la scena, trae d'impaccio il ragazzino da un minaccioso guardiano del mercato, prende con sé il ragazzo e lo fa dormire la notte nella propria casa. Così i ricordi delle passate avventure omosessuali lo assale.

Nel guardarlo, il vecchio sentiva il riflesso di una lontana vampa di calore scaldargli le vene. E da quel calore rifiorivano i ricordi del suo passato: il ricordo di quando, nella forza di una virilità avida di tutti i piaceri, aveva stretto tra le braccia dei ragazzi come questo, agili corpi guizzanti nella giocosa lotta d'amore.

Il vecchio beduino vorrebbe ritornare a quei piaceri, pensa che bisognerebbe profittarne prima che Sa'id perda la sua ingenuità... ma le vicende prendono un diverso andamento.


Il servizio presso il cavaliere Ahmed non è facile; sospettato di essere la spia del vecchio beduino, Sa'id viene incarcerato e spinto a confessare. Ma al momento della fustigazione, il cavaliere frena il carceriere: ha compreso di provare la segreta speranza che quel ragazzo sia proprio il figlio perduto.


Le ricerche intraprese portano Ahmed a recarsi presso la casa di un mercante egiziano, da dove Sa'id era fuggito per insanabili contrasti causati dal suo grande orgoglio e dall'inconscia consapevolezza di non essere il vero figlio del mercante che lo aveva raccolto ancora piccolissimo, sposandone la madre catturata e resa schiava dai nemici di Ahmed.


Dalla storia principale si dipanano altre storie, in una sorta di scatole magiche che ricordano molto il tipo del tessuto narrativo delle Mille e una Notte, in cui la storia di Shahrazad e del suo califfo è solo il contorno ad altri racconti fiabeschi e la loro cornice.


È un'epopea di mori, dalla Siria alla Spagna, territori lontanissimi l'uno dall'altro ma entrambi islamici. L'epoca è quella gloriosa delle conquiste e degli allargamenti territoriali degli arabi, un ambiente sanguinario e vendicativo. L'ospitalità viene intesa come obbligo d'onore e rifiutata quando prevalgono i legami tribali: in un conflitto tra città, gli abitanti affamati e disperati di una città incendiata vengono ricacciati a sassate a morire nel deserto.


Il guerriero inquieto Ahmed e il fanciullo ribelle Sa'id sono sempre intenti a spiarsi e scrutarsi, anche quando il cavaliere pensa di doversi rassegnare alla presunta evidenza che il ragazzo non è suo figlio. Quando la carovana guidata da Ahmed si avvicina alla residenza del vecchio emiro Husein, sperando di liberare 'Aziza, la sorellina di Sa'id lì prigioniera, il ragazzo capisce che è legato al suo padrone da un debito, quello di avergli offerto un'esistenza, una posizione e un aiuto per liberare la sorella schiava di un laido gaudente. Perciò deve molto ad Ahmed, ed è la sua posizione subalterna che non gli permette di rifiutare le attenzioni sessuali del cavaliere:

"Sei il mio paggio, e tu sai che un paggio deve servire in tutto il suo signore".

... questa volta Sa'id non risponde,e Ahmed vede affiorare nei suoi occhi uno sgomento, una paura quasi infantile....

"Vieni qui, ho detto".


Sarà proprio la voglia del cavaliere Ahmed di provare i piaceri omosessuali con il giovane Sa'id che gli impediranno di svelargli d'aver alla fine scoperto di essere suo padre. La vergogna per quanto impostogli ha il sopravvento. Ahmed si accontenterà così di tenerlo sempre con sé, guidandolo nell'addestramento guerriero e preferendolo agli altri figli lasciati in Andalusia.


La morte dell'amata 'Aziza, figlia del padre putativo, il mercante egiziano, quindi non sorella di Sa'id, spinge il ragazzo a lasciare la Siria e trasferirsi con Ahmed in Spagna.


È in Andalusia che Sa'id fa amicizia con 'Aziz, il quale sviluppa un vero e proprio attaccamento morboso, a malapena tollerato da Sa'id. 'Aziz ha conosciuto l'omosessualità ma quando ne parla con l'amico, prevalgono accenti di riprovazione e di sconforto per essere reso oggetto delle voglie pedofile del padrone.


"Le sue mani sul mio corpo... un modo nuovo che un po' mi impauriva un po' mi eccitava.... Ricordo soltanto che a un dato momento, qualche tempo dopo, io piangevo e lui mi consolava. ... mi svegliai che era giorno chiaro: ed ero ancora tra le sua braccia.... L'immagine della propria innocenza perduta... "è cominciato così e poi è diventata un'abitudine. Sono tre anni ormai".

"Non hai colpa" dice infine Sa'id "eri un bambino, e lui ti aveva allevato proprio con quello scopo. Come avresti potuto resistergli, anche se tu avessi voluto? Certe situazioni non ci lasciano scelta, lo so. Ma ora che bambino non sei più, perché ti presti ancora a servire la sua libidine?"

La passione omosessuale, rivolta verso i bambini piccoli, è presentata come abietta e sempre originata da turpi anziani privi di scrupoli verso l'innocenza infantile. Non c'è nel libro alcun accenno all'omosessualità tra uomini adolescenti o adulti, il che invece giustificherebbe qualche sentimento poetico, come ad esempio in "Il mirto e la rosa", della stessa autrice.


Ma più avanti 'Aziz si fa giudice dei propri sentimenti:

"Ah Sa'id" dice il piccolo 'Aziz con un tono di mite rimprovero "Ah Sa'id, come può essere brutta e vile una cosa che si fa per amore?"


Sa'id, ormai ventenne, viene attratto da una donna catturata dai guerrieri islamici, una bellissima cristiana delle Asturie che lo amerà appassionatamente finchè verrà allontanata da lui in uno scambio di ostaggi tra schieramenti nemici. La donna partorirà un figlio, il bastardo del moro, che verrà ucciso, avvolto in un pacco e, per scherno, recapitato a Sa'id.


Un intrigo ordito dal padrone di 'Aziz ai danni di Sa'id, per invidia verso i successi del combattente venuto dalla Siria, viene sventato proprio da 'Aziz che cercherà di bere lui un bicchiere di vino avvelenato destinato a Sa'id. Il tempestivo intervento del padrone, che leva di mano il bicchiere ad 'Aziz, riuscià ad evitare la morte al ragazzo. In seguito 'Aziz morirà decapitato da un cavaliere franco che gli aveva proposto di sottostare ai propri piaceri carnali, ricevendo un rifiuto e uno sputo in faccia.


In una delle numerose battaglie tra cristiani e musulmani, il cavaliere Ahmed muore e finalmente Sa'id comprende come egli sia il suo vero padre. Preso dal rimorso per aver fatto passare tani anni chiuso nel suo orgoglio, Sa'id si confida con il califfo 'Abd al-Rahman, massima autorità politica della Spagna islamica, il quale invece era al corrente del segreto rivelatogli dal fido Ahmed.


Incurante della moglie e della bambina appena natagli, Sa'id decide di imbarcarsi e tornare in Siria per visitare i luoghi della sua infanzia, mosso da volontà di espiazione. Lungo il percorso verso il porto di Malaga però si imbatte in un bambino orfano e cieco che non riesce a seguire una fila di deportati e si decide a comprarlo da un soldato. L'incontro cambierà le decisioni di Sa'id: tornerà a Cordova, e nello sfortunato bambino cieco troverà una nuova ragione di vita, dedicandosi a lui. L'amore morto può quindi rivivere nell'amore che si può donare, l'ostinata fedeltà a un amore perduto serve invece solo a inaridirne il ricordo.
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