recensione diGiulio Verdi
Charles Dickens si rivolta nella tomba
“Twist” ha l’ambizione di trasporre sul grande schermo e attualizzare in modo efficace il celeberrimo triple-decker dickensiano, in poco più di un’ora e mezza: non ce la fa.
Nella versione cinematografica, l’orfanello Oliver è un biondo diciassettenne di Toronto che si fa reclutare dal prostituto Dodge nel giro del laido pappone Fagin. Ci sono anche Nancy, barista del Three Cripples Diner che tenta di salvare i ragazzi dallo sfruttamento ma finisce uccisa dal violento compagno Bill, e un senatore senza nome, che prende Oliver sotto la sua ala protettrice salvo poi scaricarlo per tornare dalla moglie. C’è infine David, fratello maggiore di Dodge, che lo segue ossessivamente con l’apparente intenzione di salvarlo dalla strada e condurlo sulla via di casa e dell’eterosessualità – ma in realtà è il classico omosessuale represso e lacrimoso che vuole solo farsi praticare una fellatio dal fratellino.
Ora, l’adattamento non è sempre peggio dell’originale, e il libro non è sempre meglio del film. Detto questo, “Twist” fallisce miseramente laddove respinge con tutte le sue forze l’oggettività e gli spunti di critica sociale cui “Oliver Twist” spronava i suoi lettori: i clienti d’alto rango pagano profumatamente i prostituti derelitti per poi voler solo parlare della loro madre morta o dei canoni estetici contemporanei, rigorosamente con tutti i vestiti addosso; la macchina da presa si allontana sistematicamente da sesso, violenza e sporcizia (si vedono giusto un ago fugacemente infilato in un avambraccio e un po’ di ketchup sulla fronte di Dodge); alla trama secondaria del senatore, che poteva risultare molto interessante, sono riservate tre rapidissime sequenze che fanno appena intuire la questione. Il finale circolare, perlomeno, evita facili consolazioni – ma ovviamente non è abbastanza.
“Twist” può rimanere un buon esercizio di memoria per chi lo guarda: in fondo è dilettevole individuare chi è chi e fare un parallelo con le vicende del romanzo. Purtroppo, però, si tratta di un film meno che mediocre.