recensione di Mauro Giori
Porci con le ali, ovvero due ragazzi a letto non fanno necessariamente primavera
Dopo un quarto di secolo di disimpegno e di teledipendenza, è forse giunto il tempo di provare un po’ di nostalgia per gli anni in cui l’impegno era invece all’ordine del giorno, anche se magari fumoso, sconclusionato, approssimativo e un po’ claustrofobico, come quando la liberazione sessuale finiva col perdere il suo significato originario per caricarsi di nuove ansie e nuovi doveri, fossero anche quelli di essere disinibiti e disponibili, giusto per essere di sinistra, o almeno per non sembrare di destra.
È più o meno questo il quadro della gioventù che Porci con le ali ci restituisce. Cercando di sfruttare il succès de scandale del romanzo omonimo, Pietrangeli ottiene scandalo a sua volta, ma senza successo, sia per un divieto ai minori di 18 anni che tiene fuori dalle sale il pubblico d’elezione del film, sia per il successivo sequestro del film. Erano anni in cui bastava poco per fare rumore, qualche parola esplicita e un po’ di nudo erano sufficienti.
Pietrangeli abbonda con le une e con l’altro, sgraziato come pochi, e mette insieme un film sconclusionato e dispersivo, freddo e vago come i giovani che vuole rappresentare. Tanto che persino gli autori del romanzo presero le distanze dal film.
A rivederlo oggi, quando ormai la sua portata scandalosa è del tutto evaporata, appare estremamente datato, per stile e contenuti. E continua a risultare ambiguo: la rivoluzione sessuale è rappresentata meno come liberazione che come luogo di fabbricazione di nuove oppressioni, pertanto inefficace nel liberare dalle inibizioni (si vedano le voci interiori dei due protagonisti che commentano un atto sessuale, consumato in un bagno, che lascia entrambi insoddisfatti). Caricaturale e indeciso, il film non riesce ad approfondire le questioni che solleva fino a farne un’analisi critica, così come non riesce ad aderire al mondo che rappresenta. Troppo greve per essere satirico, è pure troppo calcolato per essere provocatorio, anche nell’uso del nudo. In tutto il film si percepiscono una grande malinconia e una grande tristezza, persino quando agli attori (mi si passi il termine) capiti di offrire qualche battuta memorabile.