recensione diMauro Giori
Se...
Questa sorta di rifacimento di Zero in condotta di Vigo, aggiornato e adattato alla vita di un college inglese, ha goduto di un ampio, meritato successo: Anderson, una delle figure principali del nuovo cinema inglese degli anni Sessanta, vi anticipava l’insoddisfazione delle giovani generazioni e l’esplosione delle rivolte studentesche del ’68, che iniziarono poco dopo la distribuzione del film trasformandolo in un testo di riferimento e in un’opera di culto. Se… divenne così una sorta di manifesto degli universitari in rivolta.
Come Vigo, Anderson utilizza la struttura gerarchica del collegio, la sua cieca disciplina, i soprusi che vi si consumano in nome dell’educazione delle nuove generazioni da irreggimentare, come metafora delle istituzioni della società “civile”, cui gli allievi più “anziani” cercano di ribellarsi come possono, dapprima ingenuamente – subendo le inevitabili ripercussioni – poi in modo più radicale e violento. Il finale esacerba quello di Vigo tramite tinte cruente appena stemperate dall’impossibilità di razionalizzare i passaggi dalla realtà all’immaginazione (così come quelli dal colore a bianco e nero), che conoscono lungo tutto il film momenti di notevole suggestione (come nel rapporto “felino” tra Mick e la ragazza senza nome).
Anche in Se…, come in Zero in condotta, l’omosessualità ha un certo peso, sebbene non serva più da causa scatenante della rivolta: da un lato vi è quella di due giovani collegiali, che si limitano a contemplare i compagni che fanno ginnastica, però senza preoccuparsi di nascondere i loro sguardi e il loro interesse, e dall’altro diviene un elemento di sopruso (com’era in I turbamenti del giovane Törless di Musil) da parte dei giovani docenti nei confronti dei nuovi arrivati, di cui si vogliono annichilire le identità tramite un meccanismo militaresco di potere e di sopruso.