Se in letteratura si vogliono distinguere l’industria in serie, l’artigianato e l’arte vera e propria, questo romanzo di Jim Grimsley rappresenta proprio un bell’esempio d’onesto ed ottimo artigianato. Molti autori americani, forse grazie alle scuole di scrittura creativa, sanno mettere insieme le loro storie con garbo e mano sicura, spesso avvalendosi con accortezza di mezzi che di per sé non posseggono pregi di originalità: così avviene anche in questo romanzo rosa gay, pieno di stereotipi e di situazioni prevedibili, ma narrati con tale finezza e scioltezza da scorrere piacevoli, leggeri, a volte anche un po’ toccanti. Se la storia d’amore di Ford e Dan mi ha fatto pensare subito ad un romanzo rosa non è solo perché ripercorre i luoghi comuni dell’innamoramento, delle crisi, delle riappacificazioni e del trionfo finale tipici della narrativa d’amore meno intellettualistica e smaliziata, ma anche perché del tradizionale racconto rosa la scrittura di Grimsley riprende lo sguardo (fintamente?) ingenuo e la scelta di rinunziare all’erotismo più esplicito e corrivo: qui il desiderio fisico si esprime per via di levare, con gesti minimi, carezze, sguardi, abbracci stretti e indugianti. Ripeto: tutto già visto, l’amore, il coming out, i contrasti da parte degli stupidi e dei bigotti, il sostegno da parte delle persone buone: ma a volte piace anche questa narrativa priva di grandi ambizioni e soprattutto di presunzione; anzi, a volte forse ne sentiamo proprio il bisogno.