recensione diMauro Fratta
Un bacio
Le voci si distinguono con nettezza per scelta di lessico, sintassi e registro: l'italiano del ragazo gay adottato da una coppia del paese, Lorenzo, è gracile ma quasi corretto, con qualche lieve solecismo nell'uso dei congiuntivi; quello della professoressa è letterario, qua e là tortuoso, ad inseguire i rovelli d'una donna colta che sogna fuga e vita di coppia con una sua ex-alunna precocemente sfiorita dopo le nozze con un uomo manesco e il trasferimento a Milano; la lingua di Antonio, l'assassino, con ogni probabilità un gay represso già condizionato a sedici anni dalla violenza cieca e ignorante che trasuda in famiglia e nel branco degli amici, nonostante la scuola si presenta piena d'influssi dialettali: e ritengo che in tale italiano povero e sfigurato, dalla cui scorza faticano ad erompere pensieri non già pensati da qualcun altro, l'autore abbia inteso rappresentare in fogge narrative la condizione d'un adolescente già del tutto forgiato entro i canoni del suo ambiente di provenienza, cui ormai neppure l'istruzione stessa riesce a far respirare aria fresca, nuova e diversa.
Se questa polifonia, in cui scorgo, tra l'altro, un'influenza di Michael Cunningham, di cui Cotroneo è infatti traduttore, e l'accorta struttura in virtù della quale l'omicidio e il bacio arrivano proprio di sprpresa e al momento giusto, possono dare l'idea d'uno scritto ad effetto, non mi sembra che però le preoccupazioni costruttive ed esteriori prevalgano, e trovo che questo bel racconto tripartito sappia sinceramente catturare e commuovere il lettore. Per il mio gusto, ad ogni modo, forse la prima parte è la più efficace nell'autoritratto d'un reine Tor che non riesce e non vuole nascondere il proprio desiderio, che, pur in mezzo ad un mondo nemico, sa manifestare anzi con una toccante, disarmante naturalezza.