recensione diGiovanni Bernini
Freunde um Bernhard
Ha ragione il critico Michael Töteberg, quando – nella sua postfazione a questa ristampa del Lenos Verlag del primo romanzo di Annemarie Schwarzenbach, "Freunde um Bernhard" (1932), incentrato su un gruppo di giovani amici tra la natia Berlino e Parigi – afferma che "il fascino caratteristico del libro risiede nella sua innocenza", non da ultima l'innocenza letteraria dell'autrice, la quale "ancora non padroneggia alla perfezione il mestiere dello scrittore". Ma del resto, è proprio in questa "Unschuld" polisemica, che in tedesco indica sia l'innocenza morale che quella sessuale (in quanto opposta – "Un-" – alla "Schuld", la colpa) – in questa verginità, quindi, che risiede il fascino del romanzo. Lo stesso Tötenberg evidenzia puntualmente come l'interagire fra i protagonisti sia basato su una sensualità accennata, adolescenziale, quasi timorosa del contatto; è quel desiderio proibito eppure incontrollabile che la ventitreenne Annemarie provava per l'amica Erika Mann ("Bruder Eri", nelle lettere, e l'ambiguità si spiega da sé), e che qui viene transessualizzato nell'attrazione omoerotica che Gert prova prima per Bernhard e poi per Leon. Ma Gert, eterno "codardo", non riesce a vivere fino in fondo le sue passioni: è troppo indeciso, troppo insicuro del proprio talento artistico (apparentemente insignificante rispetto a quello di Leon, ed alimentato esclusivamente dalla presenza o assenza dei suoi amati), troppo "vernunftbesessen" – "posseduto dalla ragione", letteralmente – troppo, in fondo, occupato a confrontarsi con quei continui cambiamenti e sbalzi interiori che prendono piede durante la giovinezza. Il tratto dell'autrice è lieve e quasi rispettoso dell'intimità dei personaggi: ci è difficile sapere fino a che punto i protagonisti esplorino la propria sessualità, se essa si fermi alle tenerezze ed alla timide effusioni che vengono ampiamente descritte in più punti del romanzo, o se vi sia anche di più, appena suggerito ad una piccola confraternita di spiriti affini, lettori che in un'epoca ancora estremamente chiusa su simili temi potevano in quei pochi accenni riconoscere la bellezza e la forzata riservatezza del desiderare un individuo del proprio stesso sesso. Ma anche tralasciando la chiave di lettura "queer", "Freunde um Bernhard" è un geniale ritratto della gioventù che si affaccia ai vent'anni con una febbrile necessità di definire e ridefinire sé stessi e gli altri, con tutta l'incertezza e la gioia che ne consegue, la paura, la voglia di esperienza. E la Schwarzenbach ha dalla sua una schiera di personaggi indimenticabili, non da ultimo le due grandi figure femminili del romanzo, Ines e Christina; tanto materna, protettrice e femminile l'una, quanto pungente, sanguigna e mascolina l'altra – entrambe figure risolutive, che con la loro costante presenza nel mondo altrimenti del tutto maschile di Gert e Leon portano sicurezza come scompiglio. Commovente e rivelatore l'attimo in cui Ines, prendendo per un braccio Leon mentre Gert si avvicina a lui per la prima volta, gli sussurra "Seien Sie freundlich zu ihm", "Sia gentile con lui".
Tutto questo, a parere di chi scrive, riesce facilmente a farci sorvolare sui "difetti d'innocenza" del romanzo, come una gestione non troppo trasparente dei tempi verbali ed uno scarso approfondimento di molte figure che si sarebbero potute rivelare potenzialmente interessanti. Su quest'ultimo punto si sofferma la stessa autrice nel fin troppo brusco finale della narrazione (altro difetto significativo dell'opera), ove quasi si scusa con il lettore per il fatto che personaggi curiosi come il medico Gérald (che si prende cura e palesemente s'innamora del giovane Bernhard), Ines, ma anche lo stesso Bernhard (peraltro, assai contestabile il titolo del romanzo, considerando che quest'ultimo appare giusto nella prima e nell'ultima sezione del libro: sarebbe stata ben più adatta la denominazione "Freunde um Gert"!) siano solo tratteggiate e nulla venga detto sui loro destini. L'escamotage letterario della conclusione aperta, come aperto ed indeterminato è il futuro della gioventù (particolarmente in una fase critica come poteva esserlo l'inizio degli anni '30), convince solo in parte. E' come se la Schwarzenbach, analogamente al suo Gert, avesse sentito un disperato bisogno di terminare un'opera degna di questo nome per lanciarla nel mondo, guadagnandone l'approvazione dei lettori ma soprattutto delle persone amate (Erika Mann, eminentemente, ma non solo) ed al contempo mostrando la giusta discrezione, quell'umiltà che deriva dall'inesperienza e dall'insicurezza nello svelarsi e nel nascondersi che spesso tormenta gli scrittori, particolarmente se alle prime armi. Ma è un tentativo affascinante, degno di essere riletto e scoperto – peccato soltanto che non sia disponibile una versione italiana che lo renda fruibile a lettori non tedescofoni. Per chi ha familiarità con la lingua tedesca, tuttavia, il romanzo è interamente disponibile nella sezione di Project Gutenberg sul sito della rivista Der Spiegel (e precisamente qui).