"Intolerance" nello spazio

14 marzo 2014

All’inizio de I protagonisti di Robert Altman, uno sceneggiatore di buona volontà espone la sua idea per un sofisticato film di fantascienza a un produttore impaziente, che lo liquida; poi ne arriva un secondo che vorrebbe semplicemente fare Il laureato 2, e il produttore si illumina d’immenso. Se questa è Hollywood, non sorprende sapere che gli autori di Alien avevano venduto la loro idea inizialmente come «Lo squalo nello spazio». Mi chiedo se Cloud Atlas sia stato venduto come un raffinato film di fantascienza o più semplicemente come un «Intolerance nello spazio».

Cloud Atlas è tratto dall’omonimo romanzo pubblicato da David Mitchell otto anni prima, incentrato su sei storie ambientate in tempi e luoghi diversi, dagli Stati Uniti prossimi alla guerra di secessione sino a futuri remoti in una Seul distopica e poi ancora oltre, in un paesaggio post-apocalittico dove persino il conto degli anni è ricominciato. I protagonisti sono legati dalla conoscenza delle vicende precedenti (ad esempio l’eroe della seconda storia legge i diari dell’eroe della prima) e da legami più oscuri, quali lontane parentele, possibili reincarnazioni, vaghe predestinazioni. Per rendere meglio tali legami, Mitchell orchestra uno schema narrativo simmetrico, nel quale alla prima metà delle prime cinque storie, narrate in ordine cronologico, segue la sesta, esaurita per intero, e quindi la seconda metà delle altre storie in ordine però questa volta inverso.

Questo schema, tutto sommato semplice, non basta agli autori di Matrix (uno dei quali nel frattempo ha cambiato sesso), che optano per un montaggio parallelo attraverso il quale alternano continuamente frammenti delle sei storie, un po’ come aveva fatto appunto Griffith con la passione di Cristo, la caduta di Babilonia, la strage degli ugonotti e un’anonima vicenda contemporanea per celebrare la lotta dell’umanità contro l’intolleranza, da cui il titolo del suo film.

A differenza di Intolerance, dubito che Cloud Atlas sarà mai inflitto agli studenti alle prese con i rudimenti della storia del cinema: nonostante momenti seducenti, anziché portare un arricchimento, la costruzione dei Wachowski aggiunge confusione rispetto a quella più lineare di Mitchell, attenuando le differenze di stile fra le sei storie e sfocando in parte i legami fra di esse nonostante, ma forse in parte anche a causa della scelta di fare interpretare dagli stessi attori i diversi personaggi connessi fra loro. Più che ricamare sulle impreviste conseguenze future di azioni individuali tramite filosofie new age contaminate con fantasie scientifiche, il film ricorda più semplicemente gli imperituri valori dell’illuminismo post-rivoluzionario. Quello che hanno in comune infatti le vicende, in modo ben più vistoso che non il ricorrere misterioso di coincidenze, non è altro che una ricerca di liberté, égalité e fraternité da parte degli eroi dei singoli segmenti. Una ricerca più riuscita in alcune trame e meno in altre, talora sentita e talora solo motto da patacca.

Ad ogni modo fra le sei storie vi è anche quella dei giovani Robert e Rufus, ambientata tra Cambridge ed Edimburgo nel 1936. Dopo un’ultima notte d’amore consumata in una divertita clandestinità, i due si separano e seguono i loro destini, rimanendo in contatto epistolare. Robert si ritrova a collaborare con un anziano compositore, Vyvyan Ayrs, il quale alla fine vuole appropriarsi del lavoro del giovane e lo ricatta, minacciando di precludergli ogni possibilità di carriera rivelando pubblicamente la sua omosessualità, nonché il suo passato di marchetta. Rufus finisce invece col lavorare alla messa a punto di un reattore nucleare che qualcuno cercherà di usare per causare una catastrofe atomica. Divenuto l’amante della moglie di Ayrs, Robert non cede ai ricatti, cerca di uccidere l’anziano compositore e completa il suo capolavoro che nessuno (quasi) ascolterà mai. Poi si suicida, un attimo prima che Rufus lo raggiunga, il quale viceversa sarà assassinato molti anni dopo (e siamo già nella vicenda successiva, incentrata su un complotto che si dipana nel 1973 e ha per oggetto una centrale nucleare).

Nonostante la storia di Robert e Rufus sia tutto sommato una delle più lineari (anche nei suoi legami con le vicende limitrofe), molte delle svolte narrative (dalla scelta di Robert di sottrarsi all’amato Rufus a quella di suicidarsi) risultano confuse: certo in parte sono volutamente lasciate nel vago, ma in parte pagano involontariamente lo scotto di una costruzione complessivamente faticosa.

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