Thank you for being a (gay) friend

18 marzo 2014

Nei mesi precedenti la sua messa in onda, il battage pubblicitario di Looking ha generato un comprensibile insieme di attese e speranze: è da una decina d’anni che al pubblico gay manca una serie del genere. I primi trailer hanno suggerito un parallelo con Queer As Folk USA (per intenderci: quello sciapo remake in cui quattro amici passano intere settimane al Borgo e poi, nelle sporadiche occasioni in cui escono dal locale, fanno finta che sia successo qualcosa) e Girls (per intenderci: quella serie comica che non fa ridere, in cui Lena Dunham propone un patinato sovrappeso e un immotivato egotismo come fossero trasgressivissime sfide alla società maschilist-capitalista).

Mai paragone fu più incauto: Looking, per fortuna, è un’opera molto più dignitosa ed equilibrata. A dirci a quale altra serie effettivamente somiglia sono gli sceneggiatori stessi: a più riprese nella prima stagione risuonano le parole e le note della sigla di Cuori senza età (Golden Girls), “Thank You for Being a Friend”. Coi dovuti aggiornamenti (per esempio la cheesecake è stata sostituita dalla marijuana), ciascuno dei personaggi di Looking è nipote adottivo di una delle ragazze d’oro: Rose è diventata Patrick (Jonathan Groff), ingenuo fino al punto di diventare molesto, irresoluto tanto da aspettare come un parassita che sia chiunque altro a dirgli chi è e cosa deve fare, insomma il tonto campagnolo a disagio in ogni contesto e conversazione adulta; Blanche è diventata Dom (Murray Bartlett), vanitoso e sciupamaschi, timido narciso in crisi di mezz’età che cerca i biondini slavati su Grindr ma vorrebbe trovare il principe azzurro; Dorothy è diventata Agustín (Frankie J. Álvarez), artista barbuto e precario, maniaco del controllo dalla personalità un po’ felina, talvolta vittima della propria mentalità aperta più per capriccio che per concreta esperienza. La saggezza e il sentimento religioso di Sophia sono invece diventati appannaggio di Richie (Raúl Castillo), mentre a Kevin (Russell Tovey) è toccato il ruolo che fu di Stan, alias quello del marito fedifrago e approfittatore.

Looking è per la maggior parte scritto e diretto da Michael Lannan e Andrew Haigh: il primo è autore del corto Lorimer, cui la serie è ispirata; il secondo è il regista del bellissimo Weekend, da cui Looking mutua un certo orientamento positivista, una fotografia desaturata e un uso quasi voyeuristico della macchina da presa. Proprio il realismo inglese delle inquadrature e l’apparente casualità delle situazioni hanno attirato le inevitabili critiche che vengono mosse in questi casi: «il ritmo è lento», «gli episodi sono troppo corti e non succede niente», oltre al solito «dove sono Lady Gaga e i palestrati?!».

In Looking il sesso c’è, ma è lontano dalle cavalcate trionfali e oleose che il film gay medio presenta. Eloquenti masturbationes interruptae si accompagnano a tediose sveltine in sauna, e anche il rapporto più anelato viene inquadrato in maniera da ridimensionarne la gloria: quando Tovey e Groff sono stesi sul pavimento dell’ufficio, dopo il provvidenziale money shot sulle chiappe dell’inglese, la camera indugia sul volto perplesso e «che si vergogna di essere passivo» di Groff.

Il formato da mezz’ora è effettivamente inusuale per una serie che è, in fin dei conti, più drammatica che comica. Looking, tuttavia, non lo patisce: si spera soltanto che il numero di episodi della seconda stagione sia almeno doppio rispetto agli otto della prima. Per fortuna Haigh e Lannan si mantengono ben distanti dalle convenzioni narrative gay più trite – oppure le rielaborano con ironia, come nella primissima sequenza della serie – ed evitano la logica della materialità, del didascalismo e del cliffhanger a tutti i costi. Per rendere appieno l’inconsistenza e il complesso un po’ edipico di Patrick, non è necessario che il personaggio sia calato in qualche insulso exemplum narrativo o che ce lo comunichi ripetutamente a voce con le sue battute di dialogo: basta vederlo mangiare goffamente una schifezza take away mentre si finge vegano, oppure vederlo agitarsi come un bambino il primo giorno di scuola quando deve presentare il fidanzato alla madre.

Gli attori sono tutti molto bravi: oltre a quelli già citati sopra, vanno senz’altro segnalati Scott Bakula (Quantum Leap, Star Trek: Enterprise) e Lauren Weedman (la pazza di Hung). Non che attori eterosessuali non possano interpretare ruoli gay, ma uno dei pregi di Looking è anche quello di impiegare un cast per tre quarti realmente omosessuale: la differenza c’è, e si vede. Come aveva già fatto per Weekend, Andrew Haigh ha coinvolto anche il cantautore gay John Grant nel progetto: nel secondo episodio si sente “Pale Green Ghosts”.

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LookingMarco Valchera
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