Libro confusionario e ricco di refusi che, partendo da un assunto sacrosanto (denunziare il fenomeno dell'insabbiamento dei casi di pedofilia occorsi negli ultimi decenni entro la Chiesa cattolica), affastella però troppo materiale eterogeneo, mescolando casi acclarati in giudizio, casi ancora sotto il vaglio delle inchieste giudiziarie, e casi più che altro macchiettistici, come quello del vecchio curato un po' arteriosclerotico che fa lo spogliarello in pubblico. Il tono livoroso, poi, paradossalmente toglie peso alla denuncia, perché agli occhi delle persone credenti o simpatizzanti per la Chiesa può apparire frutto non di giusta indignazione, ma semplicemente di pregiudizio anticlericale. Noto anche un errore a pag. 10: l'art. 331 del Codice Penale non impone a tutti i cittadini l'obbligo di denunziare i reati perseguibili d'ufficio, come afferma Pedote, ma solo ai pubblici ufficiali e agl'incaricati di pubblico servizio; egli stesso, d'altronde, cita l'articolo per esteso: del resto, la norma in questione fa parte del Capo I del Titolo II, rubricato "Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione".