Pier Vittorio Tondelli

10 agosto 2014

Sono stato a lungo indeciso su come valutare questo libro: poi ho deciso di dargli un voto non del tutto negativo grazie ai ricordi di Tondelli che Andrea Demarchi vi trasfonde. Dopo averlo letto, però, mi sono chiesto che razza di bislacca operazione culturale si stia cercando di mettere in piedi da un po' di tempo ai danni della memoria dello scrittore emiliano. Se è parzialmente comprensibile la lettura in chiave cattolica delle opere di Tondelli che porta avanti padre Spadaro (lettura che non condivido, ma che almeno si giustifica in quanto Pier Vittorio Tondelli ebbe davvero una formazione cattolica e nutrì sempre interesse alla religione e alla spiritualità), il maldestro tentativo di far passare Tondelli per eterosessuale non ha fondamento nella biografia dello scrittore (non basta aver avuto una relazione con una donna per essere etero...) e nemmeno serve ad interpretare meglio le sue opere. Qui poi l'operazione giunge all'assurdo, perché si cerca di leggere la biografia e l'opera di Tondelli alla luce delle teorie girardiane sul capro espiatorio (in sostanza, lo scrittore avrebbe scientemente recitato la parte dell'omosessuale per immedesimarsi nella parte più disprezzata del consorzio umano; e, facendo finta di non vedere che razza di grado immondo di omofobia sia sotteso ad un discorso del genere, qui mi limito a chiedermi il perché di tutta questa missione suicida - Tondelli mica era Gesù Cristo): ma se Tondelli assunse il ruolo sacrificale di sua spontanea e consapevole iniziativa, come fanno credere Demarchi e Canalini, siamo sicuri che conoscesse le opere di René Girard - visto che dagli accenni oscuri da oracolo di Delfi che dà Canalini sembrerebbe di sì, e, se le conosceva, le condivideva? L'onere della prova qui grava su chi porta avanti simili teorie: e di prove in tal senso questo saggio non fornisce nemmeno l'ombra.
Ancora due piccole annotazioni: 1) Canalini e Demarchi riferiscono che Tondelli non raccontava mai loro delle sue avventure gay: e io non capisco perché uno scrittore debba raccontare al proprio editore chi si porta a letto e di chi s'innamora; quanto a Demarchi (ma perché un bravo scrittore come lui si presta a questa roba?) si smentisce da solo, quando racconta che P.V.T. si adombrò quando seppe che egli era stato a Correggio: uno che è così geloso della sua vita privata da sentirsi spiato da un giovane pupillo che va a vedere com'è fatto il suo paese gli va poi a raccontare delle proprie conquiste galanti? 2) Il povero Filippo Betto (ahimè, morto giovane e tra il silenzio generale d'una stampa in tutt'altre faccende affaccendata), il quale nella vita reale fu assai più vicino a Tondelli che non Canalini e Demarchi, rimase sempre un maestro di umiltà e discrezione riguardo al suo defunto compagno: e dovrebbe essere un modello per certe loquaci prefiche.
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