Non essere Dio

6 agosto 2007, "Pride", gennaio 2007.

Nel 1976 Gianni Vattimo ha quarant'anni, è già professore ordinario all'Università di Torino, oltre che brillante autore di saggi filosofici.

Partecipa ai fermenti di liberazione di quegli anni, ma la sua omosessualità la vive con discrezione, un po' per i consueti motivi familiari (c'è sempre una madre da salvaguardare), un po' per possibili ripercussioni negative sulla sua carriera universitaria.

Quell'anno però il Partito radicale candida alle elezioni politiche esponenti del Fuori e Angelo Pezzana e compagni propongono proprio lui, Gianni Vattimo, che si trova così candidato alle elezioni politiche come omosessuale: "forse se me l'avessero chiesto non avrei accettato, ma ormai era fatta. Ecco, adesso era scritto. Era ufficiale".

I timori di ripercussioni negative si rivelano subito infondati, "niente di quanto temevo succede, anzi".

Qualche mese dopo Vattimo è eletto preside della Facoltà di filosofia e non diminuisce certo la stima nei suoi confronti, né si registrano intoppi nella sua carriera di studioso e di filosofo.

L'episodio merita di essere sottolineato soprattutto se pensiamo che ancora oggi molti personaggi pubblici (politici, studiosi o persone dello spettacolo) temono di fare il coming out, o lo infarciscono di ridicoli distinguo e ambiguità con l'alibi della convenienza e dell' opportunità, dietro cui nascondono evidentemente residue forme di omofobia interiorizzata.

Qualche mese fa Gianni Vattimo ha compiuto 70 anni e per l'occasione la casa editrice Aliberti ha pubblicato questa autobiografia che, oltre al coming out del 1976, ripercorre i momenti più importanti della sua vita e della sua carriera.

Si tratta però di un libro particolare, scritto in prima persona come ci si aspetta da un'opera autobiografica legata più di qualsiasi altra forma letteraria alla persona che rievoca la sua vita, ma firmata, oltre che da Vattimo, da Piergiorgio Paterlini: un libro privato scritto a quattro mani.

Il risultato è un'opera di grande originalità, frutto del dialogo tra uno scrittore e un filosofo dove la voce narrante alla fine è una sola e dove i fatti narrati, forse proprio grazie a questo doppio punto di vista, hanno il fascino della narrazione romanzesca.

Diviso in tanti brevi capitoli il libro può essere anche letto seguendo percorsi diversi: le esperienze private e l'omosessualità, le amicizie e le inimicizie intellettuali, l'impegno politico, l'evoluzione del pensiero.

Tra i momenti privati si segnala in particolare il racconto, percorso da una struggente tenerezza, dei due ragazzi, che nasce come esperimento di una famiglia gay allargata, "magari un po' incasinata dal punto di vista sentimentale, ma che realizzava il sogno della Comune sessantottesca", e che si conclude con i necrologi di Vattimo per entrambi i suoi compagni, colpiti uno dall'Aids e l'altro da un tumore. E poi c'è la rievocazione della vita gay degli anni Sessanta e Settanta, di Torino, ma anche di Roma dove si ricorda il mitico cinema "Nuovo Olimpia", a due passi dal Parlamento, dove "se per caso si fossero accese le luci, sarebbe stato tutto un tirarsi su di brache e di mutande".

Un ruolo importante ha anche il Vattimo pubblico e politico con i passaggi cruciali dal cattolicesimo di sinistra degli anni giovanili al maoismo degli anni Sessanta all'esperienza di parlamentare europeo dal 1999 al 2004, fino alle delusioni degli ultimi anni.

Vattimo è però essenzialmente un filosofo e molte pagine del libro ripercorrono l'evoluzione del suo pensiero e della sua speculazione che ha i suoi punti centrali nella rilettura di Nietzche e soprattutto di Heidegger , nel definitivo abbandono della metafisica e nella "morte di Dio".

E' da qui che hanno origine la personale rilettura del cristianesimo e della religione e l'originale proposta del pensiero debole che, a differenza di quello che l'espressione sembrerebbe suggerire (il fatto è che Vattimo ha un debole per gli ossimori e per i paradossi), è una forte proposta filosofica, "anche esistenziale e politica, di libertà, di liberazione".

La scrittura è sempre agile e suggestiva e anche i discorsi su Nietzche e Heidegger, sull'Essere e sull'interpretazione, senza perdere niente del rigore intellettuale, sono immediatamente accessibili anche ai non specialisti, non astratte speculazioni ma avventure del pensiero e concrete esperienze di liberazione.

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