I giorni innocenti della guerra

6 agosto 2007, "Pride", maggio 2007.

Mario Fortunato è vissuto per alcuni anni a Londra, dove ha diretto l'Istituto Italiano di Cultura e di ritorno in Italia ha preso casa in un paese del Reatino, nei pressi del monte Soratte, a una cinquantina di chilometri da Roma, dove spesso risiede. Questi due luoghi, Londra e "la Sabina", ai quali si sente evidentemente molto legato, sono lo scenario in cui si muovono i personaggi del suo ultimo romanzo, proiettati però in un tempo passato, tra gli anni trenta e quaranta del Novecento. Come nel suo romanzo precedente, L'amore rimane del 2002, che era ambientato tra gli anni venti e gli anni cinquanta, troviamo anche qui il desiderio di raccontare il passato, di allontanarsi in qualche modo dal contemporaneo, come se per raccontare e raccontarsi meglio lo scrittore sentisse il bisogno di una distanza temporale dalla quotidianità.

La storia ha inizio nel 1938 in questo piccolo paese della Sabina, dove Stefano Portelli, giovane avvocato di idee socialiste sposa Eleonora Polidori, ma il matrimonio dura poco e la giovane donna dopo poche pagine è già morta di parto. I due fratelli di Eleonora, prima Ernesto e poi Giuseppe, partono per la guerra, uno in Africa, l'altro in Russia, dove saranno prigionieri, e la sorella minore, Nina, anche se è innamorata di Sergio, un ragazzo suo coetaneo di inquietante sensualità, finisce con lo sposare il cognato vedovo.

Già nelle prime pagine del romanzo la vicenda si sposta a Londra: dalla cultura chiusa e familiare della provincia laziale si è improvvisamente proiettati nel mondo colto e raffinato di Bloomsbury. Il giovane Alastair Ormiston è un ragazzo della buona società inglese, ha fatto studi umanistici, conosce un po' di italiano imparato sui libretti delle opere di Puccini e Leoncavallo, ha sognato di andare a combattere in Spagna per la libertà, ma gli è stato impedito perché troppo giovane. Ha una cara amica, Edna, con cui divide l'amore per la poesia e per la letteratura, oltre che per i bei giovanotti. Entrambi adorano Auden, i romanzi di Forster e gli scrittori del gruppo di Bloomsbury, "così meravigliosamente affettati" e Alastair una sera a una cena ha incontrato addirittura Virginia Woolf, ma di fronte a lei non è riuscito a spiccicare una parola.

Dopo che Edna è andata in guerra come infermiera volontaria, anche Alastair decide di arruolarsi e finisce col diventare pilota della RAF (Royal Air Force).

Le due storie, da una parte quella di Nina e di suo marito, dei suoi fratelli, di Sergio e degli abitanti del piccolo paese alle pendici del Soratte, con i loro drammi, le loro gelosie e i loro eroismi, dall'altra quella di Alastair e di Edna, con la loro traumatica iniziazione alla vita, i loro amori impossibili e la loro letteratura, corrono parallele e indipendenti l'una dall'altra, ma il lettore sa che in qualche modo si incontreranno e da un certo punto in poi comincia anche a sospettare che l'incontro sarà probabilmente una deflagrazione imprevedibile e drammatica dove avrà un ruolo fondamentale l'omosessualità di Alastair.

Della vicenda non è il caso di raccontare altro per lasciare al lettore il piacere di scoprire come andrà a finire perché in questo romanzo è particolarmente importante l'intreccio che Fortunato costruisce con l'abilità del grande narratore lasciando sempre il lettore in una condizione di dubbio circa quello che succederà poi.

Quello che si può dire è che si tratta di un romanzo corale dove le tante storie individuali si incontrano e si scontrano con la Storia drammatica della seconda guerra mondiale, con il fascismo e l'antifascismo, con i bombardamenti, la deportazione degli ebrei da Roma, la resistenza, la fuga del re e di Badoglio da Roma, lo sbarco degli alleati. Un'altra cosa da segnalare è che nel romanzo c'è un bellissimo omaggio a Virginia Woolf con la ripresa dell'episodio della morte di Percival del romanzo Le onde, tanto che ad un certo punto della narrazione le parole della scrittrice si sostituiscono a quelle del narratore come se non ci fosse altro modo per descrivere lo strazio di una morte e il dolore per la perdita del compagno se non la voce di Virginia Woolf:: "Vieni, dolore, nutriti di me. Affonda le zanne nella mia carne. Sbranami. Singhiozzo, singhiozzo".

Lo stile è leggero, rapido, caratterizzato da una forma di sottrazione di peso, di abolizione del superfluo, alla maniera di Italo Calvino che sembra essere, come e forse più che negli altri romanzi di Fortunato, il suo più importante modello di riferimento. Grazie a questa leggerezza e a un intreccio magistralmente calibrato, Mario Fortunato ha scritto un libro avvincente che ad ogni pagina sembra rivelare quello che, come dice uno dei suoi personaggi, è il bello dei romanzi: "inventare la vita per comprenderla meglio".

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I giorni innocenti della guerraDaniele Cenci
20/03/2007

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