recensione diAndrea Meroni
La dottoressa del distretto militare
La dottoressa del distretto militare, apripista del filone “militare” della commedia sexy italiana, non è uno dei titoli più spregiudicati della categoria, né tanto meno della filmografia di Nando Cicero. Anche la sua “scorrettezza politica” (il dissidio tra il giovane Alfredo Pea e la dottoressa Edwige Fenech viene ricomposto quando lui la possiede con la forza) è meno sensazionale che in altri casi e la trovata più articolata è quella in cui Alvaro Vitali si fa masturbare per mezzo di un intrico di fili di lana da un'inconsapevole infermiera che sta lavorando a maglia.
Il film si apre e si chiude con delle gag sul tema del travestitismo, elevate al rango di “cornice” di questo collage di sketch non particolarmente esuberante, il cui vero asso nella manica non sono tanto le rinomate forme della Fenech quanto un'apparizione “mozzafiato” di Jimmy il Fenomeno nei panni di una suora.
Tornando alla “cornice” di cui sopra, tutto ha inizio con la consegna delle “cartoline precetto” da parte del soldato motociclista Renzo Ozzano, che subito si imbatte in uno sgraziato “mignotto” dalla parrucca bionda, all'anagrafe Marmittoni Oreste. «Ma va' a fa' il suldàt, culatone!» esclama Ozzano senza porre tempo in mezzo, mentre il Marmittoni replica col gesto dell'ombrello. Questa implausibile recluta è interpretata dal nasuto caratterista Angelo Pellegrino – futuro marito e curatore dell'opera di Goliarda Sapienza – che, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, appariva spesso in ruoli comici da omosessuale: è il libidinoso informatore Er Chiappetta, fatalmente attratto dal torace del Maresciallo Giraldi, in Squadra antiscippo (1976, Bruno Corbucci); ne Il vizietto (1978, Édouard Molinaro) lo ritroviamo come ansioso direttore di scena, mentre in Delitto al Blue Gay (1984, Bruno Corbucci) come sussiegoso maitre.
Il finale del film invece è affidato ad Alvaro Vitali, il quale – dopo essere riuscito a farsi riformare – si è sposato con l'unica ragazza di tutta la Sicilia disposta a impalmarlo. Sulle prime parrebbe trattarsi di una ragazza inaspettatamente appetibile (e infatti il protagonista Alfredo Pea se ne meraviglia), ma subito viene rivelato il busillis: la sposina si avvicina a un albero, alza la gonna e irrora la corteccia con la propria urina, con un getto preciso e diretto. Una gag vecchia quanto il mondo, rinforzata dall'andatura zoppicante di Vitali che fa intuire di essere stato deflorato dalla moglie la prima notte di nozze... ma, dopo il trauma iniziale, ci si è abituato, dice. «Peccato che la settimana prossima va a fare il militare» conclude Vitali (che tre anni dopo sarà violentato da un cavernicolo ne La liceale, il diavolo e l'acquasanta), per chiudere il cerchio.
Nel frattempo gli sceneggiatori Milizia, Onorati e lo stesso Nando Cicero hanno elargito altri sketch sullo stesso argomento: alla visita di leva una transessuale operata viene dispensata dal servizio per “ridotte attitudini militari”, mentre Carlo Delle Piane si è esibito in uno one man show interpretando sia Romeo che Giulietta durante delle prove solitarie del dramma shakesperiano. Amministrazione più che ordinaria insomma, ma che testimonia ancora una volta l'edipica dipendenza di certi sceneggiatori nostrani per i luoghi comuni dell'avanspettacolo.