Rocco al Cairo

11 luglio 2019

Difficilmente potremmo pensare a due realtà più diverse di quella della Milano del boom economico del 1960 e di quella del Cairo di Sadat del 1973, eppure vicende, frizioni sociali, persino saperi di fondo non sono così imparagonabili. L’interesse di questo Hamman al-Malatily (grosso modo “Il bagno turco di Malatily”), per me che della storia egiziana ho solo qualche rudimento, consiste nel modo in cui declina in un contesto esotico (ma pur sempre mediterraneo) una vicenda melodrammatica viceversa alquanto familiare anche alla recente storia nostrana dell’omosessualità, quella cioè di un giovane di belle speranze che dalla provincia immigra in città alla ricerca di un impiego solo per trovarsi invischiato in un giro di prostituzione. Mi appare insomma come una specie di Rocco e i suoi fratelli versione cairota.

Visconti raccontava, lo si ricorderà, la vicenda di una famiglia immigrata dal sud nella Milano appunto del boom. Dei vari fratelli, il buon Rocco e il perfido Simone facevano la parte del leone, trovandosi ad amare entrambi la prostituta Nadia e finendo tutti e due coinvolti nel mondo della boxe. Il risultato era che Nadia veniva assassinata e Simone, che non aveva talento, finiva invece a casa del suo manager, Morini, che aveva creduto poco nella sua carriera ma era interessato a goderne più materiali favori.

In Hamman al-Malatily di fratelli ce n’è uno solo, Ahmad; il bagno turco sostituisce la palestra della boxe (di conseguenza il Morini della situazione – che si chiama Raouf – è un ricco cliente della sauna); e alla fine il Simone di turno – cioè sempre Ahmad – dopo essersi innamorato anche lui di una prostituta di buon cuore destinata al sacrificio (Naeema), si salva perché è anche il Rocco di turno, sicché la sua bontà in qualche modo lo protegge quanto basta a uscire dalla metropoli vivo per tornarsene “al paese” (ciò che ai fratelli di Visconti non era consentito).

Il film si apre sull’arrivo di Ahmad al Cairo e ne mostra lo spaesamento attraverso una serie di inquadrature disordinate che rendono efficacemente l’indisciplinato caos metropolitano. Le ragioni della sua partenza vengono chiarite in una serie di poco fantasiosi flashback in bianco e nero: fresco di diploma, Ahmad spera di trovare lavoro nella capitale per mantenere la famiglia al paese e studiare legge. Ma il massimo che riesce a fare è farsi ospitare dal proprietario di un bagno turco. Ingenuo e idealista, Ahmad impiega del tempo a capire che è finito nel mezzo di un giro clandestino di prostituzione maschile per clienti facoltosi. Nondimeno, il proprietario non riesce a spingerlo fra le braccia del suo cliente più ricco, Raouf appunto, e si rassegna allora ad assumerlo come aiutante.

Ahmad non smette per questo di inseguire i suoi ideali, cercando di convincere i giovani che si prostituiscono a riprendere gli studi. Sarà tuttavia proprio Raouf, sedicente artista, a spiegare ad Ahmad che i suoi progetti non si realizzeranno mai (la prostituzione dilagante dovrebbe insomma essere l’emblema della crisi dell’Egitto contemporaneo). Raouf approfitta di una temporanea chiusura del bagno, dopo che uno dei prostituti uccide un cliente/magnaccia per una questione di soldi (come accadeva sovente anche da noi, stando alle cronache del tempo), per provare a circuire ancora una volta Ahmad offrendogli un tetto temporaneo. Con la scusa di fargli un ritratto riesce persino a farlo spogliare, ma Ahmad non sembra afferrare le vere intenzioni dell’uomo, il cui squallore non potrebbe tuttavia essere più evidente, tanto sgraziati sono i suoi approcci. Eppure Ahmad non è più nemmeno così ingenuo: cosa succede ai bagni ormai l’ha imparato e ha anche avviato una relazione con Naeema.

Il manicheismo morale viene insomma portato avanti anche quando non può più vantare nessuna credibilità, tanto da promettere uno sviluppo noioso e scontato. Invece, improvvisamente tutto si ribalta e il film spiazza lo spettatore con quel genere di inverosimiglianze che solo il melodramma (evidentemente anche in Egitto) può concedersi senza indurre la platea a lasciare la sala.

Raouf rivela infatti un suo lato umano, sia pure con le dosi sovrabbondanti di patetismo prescritte dal genere, raccontando di come la mamma lo ha reso gay con le sue eccessive attenzioni e di come il papà per questo lo ha abbandonato. E ancora, di come anche la mamma ha fatto lo stesso quando ha capito che i farmaci prescritti dal terapeuta non avrebbero risolto la questione (insomma la psicoanalisi ha fatto danni anche in Egitto). Raouf, fino a questo momento incarnazione pura e semplice della lussuria, rivela così di avere un cuore anche lui, sia pure macerato dalle lacrime, e anche generoso, poiché quando apprende che Ahmad è innamorato interrompe immediatamente la sua opera di seduzione. Non lo voleva insomma soltanto come conquista di una notte.

Ahmad, al contrario, una volta colta la mela offerta dalla cairota Eva da marciapiede sviluppa un suo crescente lato carnale, che giunge a rivelare risvolti di volubile cinismo, tanto da cadere dal suo piedistallo di eroe quando si invaghisce a prima vista della prosperosa e disponibile moglie del suo capo. Tradisce così senza scrupolo alcuno in un colpo solo chi l’ha tolto dalla strada e Naeema, che lo ama e che Ahmad diceva di amare a sua volta.

In un montaggio alternato di retoriche ambizioni – come di nuovo in Rocco e i suoi fratelli – il melodramma raggiunge il culmine: Seif mette infatti in parallelo il tradimento di Ahmad con la morte di Naeema, attribuendone indirettamente la responsabilità al ragazzo dal momento che la prostituta viene uccisa perché si è attardata ad aspettarlo invano in strada, sola in piena notte. Ahmad lascerà allora la capitale in preda ai sensi di colpa, mentre il testimone dell’eroe positivo passerà a una delle giovani marchette del bagno turco, che scopriamo aver seguito i consigli di Ahmad e aver ripreso gli studi. Ultima speranza d’Egitto come Ciro lo era in Rocco? A Visconti in realtà di Ciro importava assai poco rispetto al triangolo Simone-Nadia/Morini-Rocco: mi chiedo se si possa dire lo stesso di Seif.

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