recensione diAndrea Meroni
Un grande avvenire dietro le spalle
Autobiografia balzana ma dettagliata, debordante nonostante le dimensioni contenute, Un grande avvenire dietro le spalle rispecchia anche nella forma la personalità complessa, scissa, magniloquente e anche un po' dispettosa del suo autore, Vittorio Gassman. La struttura – piuttosto libera negli spostamenti spazio-temporali – è ben riassunta dalla frase «Non anticipiamo, anzi, facciamo un passo indietro»; il lessico invece rispecchia le teorizzazioni del farraginoso personaggio interpretato da Gassman ne In nome del popolo italiano, il quale proclamava: «Più parole - più idee!». Perché accontentarsi di descrivere un regista come “inventivo e beone”, quando si può far ricorso agli aggettivi “immaginoso e dipsomane”? Non c'è paragone!
Il temperamento di Gassman, come narratore delle proprie faccende, è a dir poco volubile: iper-emotivo quando parla dei figli più recenti (il libro, nella sua seconda edizione, risale al 1981, poco dopo la nascita dell'ultimogenito Jacopo), è invece di un cinismo sfrenato quando racconta certe proprie “malefatte”; tale cinismo – proprio nei momenti in cui viene maggiormente ostentato – lascia però supporre che Gassman se ne faccia inconsciamente scudo per esorcizzare imbarazzi pubblici e rimorsi privati.
Gassman si interroga su come il prossimo suo lo percepisca: simpatico o antipatico? Capovolgendo il celebre titolo di un album di Giuni Russo, forse «se fosse meno antipatico, sarebbe più simpatico»... eppure è proprio nei momenti di maggior antipatia – come nel regolamento di conti a distanza, divertente ma non molto signorile, con la ex-moglie hollywoodiana Shelley Winters – che il Nostro ci intriga maggiormente, come accade anche con certi suoi personaggi cinematografici.
Pur non narrando esperienze omoerotiche vissute in prima persona (anzi, a pag. 152, subito prima di esaltare il proprio feeling con Dino Risi, Gassman si sente in dovere di precisare: «Non ho – come forse si è capito – penchants omosessuali»), Un grande avvenire dietro le spalle è interessante in questa sede per gli aneddoti ameni e gustosi (ovviamente col senno di poi) che Gassman snocciola tra le pagine 66 e 67. Il primo riguarda il vegliardo mattatore Ermete Zacconi (conosciuto negli anni Quaranta, già ultraottantenne, da Gassman), il quale rifiutò al notorio attore francese Michel Simon una foto con dedica dopo essere venuto a conoscenza dei suoi trascorsi “sull'altra sponda”, temendo che la concessione della dedica potesse esser letta sotto una luce di ambiguità...
Gassman irride il “moralismo contadino” di Zacconi, ma dal canto proprio mostra tra le righe un atteggiamento di indifferenza mondana e un po' sprezzante – ancora inalterata dalle formule del politically correct – nei confronti dei “semplici culattoni” (espressione usata in un pepato epigramma a pag. 195). Il discorso cambia quando il racconto va a parare – sempre tra le pp. 66 e 67 – sul “super-omo” Luchino Visconti, col quale Gassman intratteneva – a quanto racconta – un rapporto burberamente paritario. «Come mai non ci hai provato, con me? Non ero il tuo tipo?» «Coglione, non te ne sei mai accorto», si sarebbero detti i due – per interposta persona – poco prima della morte del regista milanese.
È proprio Visconti a coinvolgerlo nella scandalosa avventura del (non riuscitissimo, sembrerebbe) Adamo di Marcel Achard, recitato da Gassman al Teatro Quirino nel 1945, bruciando sul tempo – a onor del vero – tutti gli altri (futuri) colonnelli della commedia all'italiana nell'interpretazione di un personaggio omosessuale, nella fattispecie impersonando un maturo direttore d'orchestra: «La caratterizzazione mi divertiva, e anche il fatto di avere il camerino pieno ogni sera di mazzi di fiori, con capannelli di pederasti che mi attendevano all'entrée des artistes come una prima donna».
Infine, ancora a pag. 67, viene brevemente raccontata l'amara disillusione di Adolfo Celi, il quale – “americano a Roma” ante litteram – si sarebbe lasciato sedurre, subito dopo la guerra, dai racconti di un navigato colonnello statunitense, per poi scoprire che le attenzioni di quest'ultimo preludevano a ben altro tipo di “confidenze”... come i suoi più smaliziati amici “malpensanti” avevano compreso con larghissimo anticipo. Un grande classico.