Vacanze di Natale '95

8 ottobre 2019

Checché i Fratelli Vanzina abbiano ripetuto fino allo sfinimento che le Vacanze di Natale alle quali non hanno preso parte siano state infinitamente più volgari di quelle da loro firmate, Vacanze di Natale '95 – da loro sceneggiato, anche se diretto dall'impudico Neri Parenti – non si può giudicare un film elegante. Ma, dovendolo paragonare ad altri episodi della controversa dinastia vacanziera (come l'atroce e dilettantesco Vacanze di Natale '91 di Enrico Oldoini, forse meno “volgare” in assoluto, ma offensivo nella sua sciatteria), ha ritmo e carattere.

Inutile atteggiarsi a salomoni del buon gusto e mettersi a separare le gag “lecite” da quelle “illecite”: esigere esprit de finesse in questa sede è come cercare cavallucci marini nel rubinetto della cucina... ma se il rubinetto è debitamente “performante” (anche in virtù della scorrevolezza del montaggio di Sergio Montanari), l'assenza di cavallucci certamente non lo sminuisce, casomai ne agevola il funzionamento.

La trama – già che siamo in vena di metafore animalesche – si potrebbe scrivere, nei suoi elementi essenziali, sull'unghia di un canarino, ma è azzeccata (l'originalità lasciamola stare) l'idea di collocare Boldi e De Sica, stavolta spediti in Colorado, su due traiettorie diverse che si intersecano rovinosamente solo a tratti, con entrambi i comici impegnati nel disperato tentativo di ricomporre un equilibrio familiare compromesso già in partenza. Dà anche una certa soddisfazione vedere l'ex-coppia d'oro dei botteghini italiani trottare veramente ad alta velocità senza risparmiarsi, con Boldi che – come un giocoliere – si destreggia tra “bigoli” congelati e razzi sparati in faccia, e con De Sica intrappolato ancora una volta nell'affascinante (specie su di un piano psicoanalitico) sfida con se stesso nell'imitare, in sequenze sempre più rapide, tutti i leading men del cinema italiano dai Telefoni Bianchi fino a se stesso.

A proposito di coazione a ripetere, un anno dopo aver indotto Claudio Amendola, protagonista de I mitici. Colpo gobbo a Milano, a calarsi nei meandri del locale gay “Marilyn”, stavolta i Vanzina orchestrano un'altra incursione dell'eroe di turno in un bar di “American Culattons” (per usare le parole del delicatissimo Massimo Boldi), modellato sull'indimenticato “Blue Oyster” apparso nel primo episodio della saga Scuola di polizia (1984, Hugh Wilson).

Il plagio è dei più smaccati: Boldi (giunto nudo come un bruco nel locale: una festa per gli occhi del pubblico) verrà coinvolto in un “tango diverso” con degli omaccioni vestiti in abitini di pelle che fondono la sensibilità leather con il gusto minimale dei film di gladiatori. Inoltre Boldi ritrova in questo frangente Adam, il “frocio coi baffi” - e con le gambe depilate! - che sia lui che De Sica avevano incrociato alternatamente in albergo nel consueto gioco degli scambi di camere da letto, e che De Sica aveva maltrattato col suo solito (sospetto) sciovinismo1.

Per farla breve, niente di nuovo sul fronte demenziale!




1Nello stesso anno in cui questo film è uscito nelle sale, De Sica ha firmato come regista (coadiuvato nella sceneggiatura da Enrico Vanzina) Uomini uomini uomini, che nasceva con l'ambizione di essere un “manifesto pro-gay”. A fronte dell'allegro sfottò ammannito da Vacanze di Natale '95, non si può fare a meno di notare come l'eclettismo ideologico dei nostri cineasti non abbia davvero eguali al mondo.


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