recensione di Marco Valchera
Maurizio Fiorino, Autoritratto newyorchese
Il protagonista di Appartamento newyorkese - nuovo romanzo di Maurizio Fiorino - è un giovane ventitreenne che decide di trasferirsi a New York con una piccola rendita per coltivare il proprio sogno di divenire un fotografo: leggendo la biografia dell'autore crotonese, che ha vissuto per una decina di anni nella Grande Mela coltivando il suo talento dietro all'obiettivo, è evidente che si tratta di un suo alter ego.
Quanto ci sia di romanzesco nella vicenda, non è dato sapere: siamo nel 2008 con la vittoria di Obama sullo sfondo e una nuova speranza nell'aria ma al centro di questa breve autofiction c'è la relazione tormentata tra il ragazzo e Lou, un diciannovenne campagnolo che aspira alla carriera da modello e che si rifugia in una casetta su un albero per sfuggire alla violenza dello zio ubriacone. I due si conoscono su Craiglist, piattaforma online americana di annunci di lavoro e strumento con cui si dilettano spesso nella ricerca di partner occasionali.
Dopo un piccolo fraintendimento, i giovani si piacciono e decidono di andare a vivere insieme cercando di barcamenarsi tra affitti in topaie sempre più care e la mancanza cronica di denaro che li costringe a digiuni e a continui espedienti, come i piccoli furti in supermercati che causano, però, l'arresto di Lou. Quello che sembra inizialmente un sogno d'amore, si trasforma ben presto in una relazione tossica che, tra violenze fisiche ed emotive, conduce il protagonista a una ripida discesa morale accompagnata da un costante anelare al suicidio. Sull'esempio di Lou, inizia a prostituirsi quasi per il gusto di farlo, per il bisogno di sentirsi desiderato, ma ciò lo allontana dal suo sogno: arriverà a distruggere, in un impeto di disgusto di sé, la sua macchina fotografica, il suo Io, per tentare di annullarsi.
C'è molto sesso in queste pagine: dall'esperienza da go-go boy in locali notturni a marchette con clienti sempre più feticisti a case di incontro dallo squallore palpabile in cui uomini maturi desiderano possedere giovani corpi. La forza del romanzo sta proprio qui: in uno stile espressionistico, a volte grottesco, duro, che traduce nella nostra lingua la migliore tradizione del romanzo americano nella descrizione di incontri sessuali degradanti spesso mescolati a droghe e alcool e nella ultraviolence delreyana di una relazione corrosiva ma di cui non ci si riesce a liberare ("he hit me and it felt like a kiss"): Lou ricorda, tra gli altri, il bambinesco e problematico Ryan Gosling che non accetta la fine dell'amore di Michelle Williams in Blue Valentine.