I misfatti del buon dio

3 marzo 2008, “Pride”, novembre 2007

Dopo aver trascorso molti anni a Torino, dove ha vissuto a lungo con il suo compagno, morto di Aids, Paolo Lanzarini, di professione infermiere, è tornato a Milano.

Ora lavora in un istituto che ospita bambini down e non più in ospedale, ma continua a confrontarsi con gli aspetti più devastanti della malattia, impegnato come volontario in un gruppo di assistenza a malati di Aids. Gli sembra in questo modo di onorare il suo compagno, che ha visto morire di questo male. Ha una relazione con Gabriele, un po' più inquieto di lui e spesso in cerca di distrazioni, ma il loro legame, per quanto aperto e problematico, è maturo e consolidato e il sentimento che Gabriele prova per lui è quanto di più vicino all'amore egli possa concepire. Paolo d'altronde non chiede mai molto, né a Gabriele né agli altri, forse nemmeno alla vita, "come una pianta grassa che si accontenta di un sorso d'acqua e due dita di concime di tanto in tanto".

Una sua particolare forma di fede e di religiosità, una maturazione consapevole di sé, la frequentazione assidua del dolore (del suo e di quello degli altri) e una capacità di indagarne gli aspetti più difficili e rimossi, fanno di lui un personaggio di grande originalità.

La sua storia che fa da filo conduttore, e quella degli altri personaggi, alcuni dei quali colpiscono per la coesistenza in loro di forza e fragilità, come la trans Soraya, il Padre Barnaba o il piccolo down Tommaso, non è narrata, come avviene di solito nei romanzi, secondo un ordine logico e cronologico. Nelle prime pagine è già avvenuto tutto e le vicende, tutte presenti nella coscienza del protagonista, affiorano come rievocazioni o come anticipazioni in una sorta di annullamento del prima e del dopo, perché quello che conta, più che la successione cronologica, sembra essere il tempo psicologico del protagonista.

Divisa in tre blocchi narrativi, la narrazione procede con la ripresa e l'approfondimento di alcuni motivi dominanti. Innanzitutto le riflessioni sul dolore e sulla malattia, presenti già nelle prime pagine, che si fanno sempre più incalzanti fino a toccare l'indicibile. Nel suo rapporto con l'umanità offesa dei down o con gli ammalati di Aids, Paolo capisce che spesso le parole si rivelano "scariche", mentre le sue mani "a volte bastano a sfiorare i miracoli", come succede quando abbraccia il bambino down prediletto, "perché non esiste la democrazia nei sentimenti". Può succedere anche che il corpo dell'ammalato manifesti un desiderio di natura sessuale e allora, come avviene in un episodio tra i più toccanti del romanzo, si può anche decidere di assecondare quel bisogno e di aiutare l'ammalato a esaudire quel desiderio.

Anche le riflessioni sull'omosessualità e sulla vita gay passano, nella ripresa del tema, dai ricordi di un'adolescenza turbata da contraddizioni e disagi alla scoperta che si può amare un uomo senza sentirsi in colpa fino ad una più matura sicurezza, quando si può anche continuare a subire il fascino dei riti del battuage, sempre gli stessi nonostante i cambiamenti di epoche e costumi, ma con una diversa e più matura consapevolezza. Esemplare in questo senso la relazione di Gabriele con Graziano, un omosessuale omofobo che detesta se stesso, gli omosessuali e ogni discorso sull'omosessualità.

Il nome dell'autore del romanzo, Fiorenzo Lancini, ci riporta con la memoria ai fermenti dei primi anni Ottanta del Novecento, alla trasmissione di Radio Popolare L'altro martedì, di cui Lancini è stato uno dei redattori e ad almeno due preziosi libri, pubblicati in quegli anni per la casa editrice Gammalibri di Milano, La gaia musa del 1981, una prima guida al cinema gay, e Ragazzi italiani del 1984, una raccolta di "racconti gay", tra i primi testi letterari italiani scritti da un autore gay, rivolti a un pubblico prevalentemente gay che rappresentavano personaggi e situazioni che, al di là di vittimismi o eroismi, semplicemente proponevano al lettore un mondo che cercava di uscire dalla clandestinità e che era ancora pressoché sconosciuto alla letteratura.

Romanzi gay da allora ne sono stati scritti molti, ma in Italia c'è stata un po' la rimozione di un tema scomodo come quello della malattia né si è dato molto spazio alla rappresentazione dell'omofobia interiorizzata e alle possibilità di contrastarla. Riflettendo su questi temi, elaborando un suo stile personale, pacato e meditativo, e creando personaggi che impongono questi temi con la "verità" della loro vita, il romanzo di Lancini riempie un vuoto, che appare evidente se si confronta la letteratura gay italiana con quella di altri paesi.

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Altre recensioni per Misfatti del buon dio, I

titoloautorevotodata
I misfatti del buon dioDaniele Cenci
03/03/2008

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