recensione diAldo Brancacci
Dictionnaire des cultures Gays et Lesbiennes
L'obiettivo di questo originale e ricco dizionario è di fornire conoscenze sulla storia e sullo stato presente degli spazi sociali, culturali, intellettuali, politici e sessuali all'interno dei quali si è svolta la vita dei gay e delle lesbiche dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri. Esso mira a informare su una serie di questioni: la geografia di queste culture, il modo in cui si sono costruite ed espresse, l'immagine che ne è stata data dalla letteratura, dal cinema, dall'arte e dai media; le figure salienti, nei più svariati campi, i modi di vita e le identità, ma anche i problemi, le rivendicazioni, le lotte politiche di gay e lesbiche, nonché le repressioni e gli attacchi di cui sono stati oggetto; e ancora altro. Tutto questo attraverso circa seicento voci, una cinquantina delle quali sono dedicate a dossiers tematici (Associazioni, Sida, Cinema, Femminismo, Bisessualità, Pubblicità, Fotografia, Canzoni), redatte da intellettuali, giornalisti, specialisti di vari settori, con una singolare omogeneità di sguardi e intenti, dovuta certamente, in parte, anche all'attenta curatela e coordinazione assicurate da Didier Eribon.
Il dizionario è in certo modo centrato sulla Francia, ma allarga più che significativamente lo sguardo alle culture gay e lesbiche di molti altri paesi del mondo. Il plurale («culture») che figura nel titolo dell'opera è di rigore, spiega Eribon, e per svariate ragioni: la cultura gay e quella lesbica sono distinte; non esistono 'una' omosessualità maschile e 'una' omosessualità femminile, ma molteplici forme dell'una e dell'altra (il che non impedisce che l'omosessualità possa essere oggetto di studio); e, soprattutto, esistono, e sono sempre esistite, una cultura 'alta' e dotta e una cultura popolare, che qui si vogliono a pari titolo documentare (le illustrazioni della copertina raffigurano un quadro di Romaine Brooks, una fotografia artistica di Pierre et Gilles, un flash di un momento del Lesbian and Gay Pride di Zurigo del 2001, e ancora una foto di Dalida e una, celeberrima, di Colette con Missy). E questa doppia cifra della cultura omosessuale costituisce anche l'aspetto più singolare e innovativo del Dictionnaire.
Una caratteristica dell'opera è di far larga parte a nomi che non sono di gay o lesbiche, ma oggetti di culto da parte di gay (direi molto meno da parte di lesbiche). Questi nomi costituiscono una parte rilevante di un immaginario, di gusti e preferenze che sono alla base di quella cultura popolare gay alla quale Eribon tiene molto. Ma ci si può domandare se ha veramente senso mischiare Dalida e Marie-France, che in modi diversi hanno affrontato o sostenuto temi omosessuali, con la belcantista Montserrat Caballé, ammirata da molti gay, o addirittura con Sylvie Vartan. C'è poi da rilevare che alcune di queste «icone gay», per lo più donne, si sono mostrate campionesse di omofobia, anche se la cosa è insufficientemente nota. Si pensi al grande e raffinato soprano Elizabeth Schwarzkopf, che, a dispetto dei soldi fattele guadagnare da tutti i gay che hanno comprato i suoi dischi, espresse «opinioni omofobe», come fin troppo compuntamente avverte la voce che la riguarda; oppure a Marguerite Duras, oggetto di grande entusiasmo gay, malgrado parte della sua opera sia imbastita su un pensiero omofobo di grado veramente stellare (e su di esso informa Eribon, che ha redatto la voce). Forse si è perduto qualcosa rinunciando a dedicare un'apposita voce del dizionario al concetto di «icona gay», o a trattarne in modo critico e problematico nell'Avant-propos.
A parte questa riserva, la lettura del dizionario è istruttiva, e godibilissima; la scelta delle voci è intelligente; tutte sono ben redatte, alcune lo sono in modo ottimo. Gradevole la documentazione iconografica, utili la Bibliografia, ordinata per voci, e l'Indice delle persone citate.