Sex and the Sixties

25 aprile 2011, "Pride", dicembre 2010

Ragazzo di città è l'ultimo libro di Edmund White appena pubblicato in Italia. Autobiografico, come quasi tutti i suoi precedenti, il libro racconta, a parte pochi excursus a San Francisco, Roma e Parigi, la vita dello scrittore a New York dai primi anni Sessanta agli inizi degli anni Ottanta del Novecento.
Si tratta di un limitato arco di tempo di nemmeno due decenni, forse unico nella storia, in cui le persone, almeno nelle grandi città e a New York in particolare, sono state libere di vivere la sessualità con chi volevano, come volevano e con la frequenza che volevano. "Per quei due decenni, scrive White, tutte le malattie a trasmissione sessuale potevano essere curate con antibiotici, le gravidanze indesiderate furono cancellate grazie alla pillola e alla legalizzazione dell'aborto, e l'Aids ancora non esisteva. La religione sembrava al tramonto mentre la promiscuità sessuale sembrava incarnare il futuro" (Edmund White, Ragazzo di città , traduzione di Alessandro Bocchi, Playground, Roma 2010, pp. 302, euro 18,00).
Quando Edmund White arriva a New York ha 22 anni. Si è appena laureato all'Università del Michigan ed è stato accettato ad Harvard per un dottorato in lingua, ma il suo sogno è fare il giornalista e lo scrittore a New York e poi nella Grande Mela si è trasferito Stan, il ragazzo di cui è innamorato, anch'egli proveniente dall'università del Michigan, trascinato nella metropoli dal sogno di diventare attore.
E' il 1962. Il Movimento per la Liberazione Gay è ancora lontano, ma intanto l'apparente normalità dei soporiferi anni Cinquanta, che era sembrata eterna ed immutabile, appare sempre più una mistificazione artificiale e comincia a dare i primi segni di cedimento.
Gli anni Sessanta, in particolare dopo lo sbarco dei Beatles negli Stati Uniti nel 1964, mettono tutto in discussione: movimenti di protesta, capelli lunghi, amore libero, droghe segnano una rottura definitiva col passato e i segni sono visibili perfino nell'abbigliamento. Diventa di moda il look unisex, che, anche se non rappresenta un reale mutamento dei costumi, comincia a rendere la vita più facile anche ai gay: un uomo può infilarsi un braccialetto al polso oppure appuntarsi una spilla con turchese a un gilet in velluto a strisce rosse ("non è un'epoca passata alla storia per il buon gusto") e passare quasi inosservato. Non dimentichiamo che ancora negli anni Cinquanta a una donna non era consentito di indossare più di due capi di abbigliamento maschile, e ad andare in giro in jeans, felpa e con una cintura da cowboy si rischiava l'arresto.
Per le strade di New York si cominciano a vedere perfino dei gay visibili. "All'epoca non c'era "l'orgoglio gay": c'erano solo il terrore gay, l'isolamento gay, la sfiducia gay e l'odio di sé gay", ma cominciano a serpeggiare anche i fermenti e le inquietudini che preparano la rivolta di Stonewall , "la presa della nostra Bastiglia gay".
White ha raccontato altre volte l'evento (in particolare nel romanzo E la bella stanza è vuota ), ma ogni volta aggiunge particolari nuovi e la rivoluzione che inaugurerà una nuova era della coscienza gay, appare sempre più come un evento epocale. Ed è importante, non si stanca di sottolineare White , ricordare sempre quello che era stato il periodo precedente il movimento di liberazione perché la tragedia dell'Aids non faccia perdere ai gay le poche libertà guadagnate con tanta fatica.
Ai fasti della liberazione White dedica molte pagine del libro che restituiscono l'atmosfera euforica di quegli anni quando si pensava che "la libertà sessuale coincidesse con la libertà" e tutto ciò che nei decenni precedenti era circondato da un alone di vergogna o di "sporco", sembrò improvvisamente bello e addirittura "romantico": "l'idea di scorgere delle spalle larghe sopra una vita stretta, al di sopra della colonna perfetta di un collo robusto, ornato da capelli corvini, potere seguire questo prodigio in una dark-room, e nel giro di pochi secondi poterne toccare i muscoli, le calde braccia, la sua lingua nella mia bocca - assaporarlo e contemporaneamente conoscerlo - mi colpiva come un miracolo e anche come un passaggio misteriosamente agevole".
I bar gay si moltiplicano e molti si specializzano nel genere leather e sadomaso. Il più noto è il Mineshaft, aperto ventiquattro ore su ventiquattro, da giovedì notte fino al lunedì mattina, con un'intera parete di glory hole, sling per il fistfuching e altre attrattive simili. Nel 1979 White scrive perfino un saggio nel quale teorizza sul sesso sadomaso gay.
In questa euforia non c'era posto né per la fedeltà, né per l'idea di matrimonio : la monogamia e anche il concetto di coppia, sembravano concetti sorpassati: "Volevamo legarci gli uni agli altri in molecole giganti di aggregazione, amicizia e amore: ogni differenza andava livellata, tutte le possibilità lasciate aperte. Amici di amici diventarono i nostri amanti. Amanti dei nostri amanti diventarono compagni di letto".
White racconta la vita gay di New York di quegli anni senza ipocrisie e senza veli, con ricchezze di dettagli e con la precisione di un antropologo immerso in una cultura di cui egli stesso è orgoglioso di far parte.
La stessa ricchezza di dettagli la troviamo nella rappresentazione delle persone della scena artistica e culturale che lo scrittore frequenta. Anche di loro, sempre a partire da un coinvolgimento personale, di legame amicale, professionale o anche sessuale, racconta aneddoti inediti e vivaci. Così narra della immediata "scintilla erotica" scoppiata tra lui e Bruce Chatwin: " Bruce riuscì ad eccitarmi immediatamente, quando ancora eravamo nel corridoio dell'ingresso. Tempo qualche secondo ed eravamo già nudi, anche se insistevamo a restare in piedi. Consumammo il sesso con grande efficienza, ci rivestimmo e non ripetemmo più l'esperienza anche se continuammo a vederci per mesi". Di Manuel Puig narra la "strana miscela di seriosità e camp" quando, dopo aver confessato all'amico di aver passato un'intera giornata in sauna alla ricerca di un "marito" concludeva con uno sguardo lungo e accorato: " Non l'ho trovato".
Di Robert Mapplethorpe, " il sacerdote supremo della virilizzazione gay", racconta che andava quasi ogni sera all'inizio di Christopher Street, di fronte ai camion e ai pontili sul fiume Hudson. Era tra i pochissimi bianchi a frequentare un bar gay per uomini di colore, il Keller. "Non ho mai compreso fino in fondo la sessualità di Mapplethorpe", confessa White. "Me la spiegava e non faceva che correggermi sorridente la conclusione sbagliata cui ero giunto. Diceva: ' No, non ha nulla a che fare con la fantasia' Oppure: 'No, non è una questione di ruoli. Non c'è nulla di più concreto di quello che mi piace. Ed è per questo che mi piace , perché è concreto'".
Questi particolari sulle abitudini, anche sessuali, di personaggi importanti nella cultura di quegli anni (altri aneddoti del libro riguardano, tra gli atri, John Ashbery, Truman Capote, Susan Sontag, William Burroughs, Jasper John, Christopher Ishervood ) che possono apparire, come sono apparsi ad alcuni critici, pettegolezzi o particolari da lasciare relegati nell'ambito del privato, sono importanti nella scrittura di White, convinto che invece debbono essere raccontati perché hanno per i lettori una grande valenza liberatoria.
E' con questa convinzione che White viene elaborando in quegli anni l'idea di una letteratura gay, che irrita non poco l'establishment letterario.
L'autorevole critico Richard Poirier, scrive White, era "infuriato perché avevo osato sostenere l'esistenza della letteratura gay, persino della poesia gay - e peggio ancora, della sensibilità gay - e che a dirla tutta, molte opere di autori gay potevano essere lette in quella luce particolare per essere comprese appieno". Poirier trova che sia "un'oscenità" parlare di scrittori gay e conclude il vivace confronto con White sul tema con la domanda provocatoria: "Hai mai sentito parlare di universalismo?". Di universalismo parla anche Susan Sontag convinta che l'Uomo nella sua espressione più alta sia un individuo astratto davanti allo Stato, alla legge, alla stessa umanità. Nel momento in cui quell'astrazione viene specificata (donna, omosessuale, di colore, ebreo) inevitabilmente è scalfita e limitata. "Una volta, racconta White, disse allo scrittore afro-americano Darryl Pinckney che stava 'limitando' il suo valore di scrittore definendosi uno scrittore di colore. A me chiedeva come potessi tollerare di essere considerato uno scrittore gay".
Forse, scrive oggi White, Poirier, Sontag e gli assertori dell'universalità dell'arte "in ultima istanza" e a livello teorico potevano avere ragione, ma era impossibile non notare che molti di loro non erano espliciti sulla loro sessualità se non in privato, mantenendone l'opinione pubblica completamente all'oscuro. Egli si confronta con loro, li ammira anche, ma non può non provare "un po' di risentimento verso questi artisti "fabbrica-soldi" - Jasper Johns, Cy Twombbly, John Ashbery, Elisabeth Bishop, Susan Sontag, Robert Wilson - che non avevano mai fatto il coming out". E così, racconta White, gli artisti dichiaratamente gay come lui dovevano affrontare giudizi sprezzanti o condiscendenti, mentre loro, i "fabbrica-soldi" "procedevano a vele spiegate, universali ed eterni".
Quello che non si voleva capire, continua White, era il fatto che dopo secoli di oppressione e di isolamento si avvertisse un senso di comunità e che gli scrittori gay ( come gli afro-americani o appartenenti ad altre categorie di emarginati) volessero celebrare la propria identità nel momento stesso in cui la stavano esplorando. Nemmeno Michel Foucault, che egli frequenta alla fine degli anni Settanta, accetta le sue posizioni , ma, afferma White, e non possiamo non essere d'accordo con lui, "a me sembrava indubitabile che il "coming out" fosse un momento liberatorio" e che le persone oppresse possono liberarsi soltanto sfidando la società e la cultura, "ridefinendo i termini che ci erano stati imposti e così trasformando i 'difetti' in 'pregi'".

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