So in love (1990). k.d.lang canta Cole Porter per raccogliere fondi contro l'Aids.

Nel 1990 la crisi dell'Aids aveva raggiunto il suo picco. La comunità gay americana era stata letteralmente decimata dall'epidemia, e le autorità non avevano mostrato il minimo interesse a combattere una malattia che era tanto cortese da sbarazzarla da froci e tossici.
La comunità gay provvide quindi a organizzare attività d'assistenza e prevenzione, a sostegno delle quali furono escogitate innumerevoli raccolte di fondi.

L'Lp Red, hot & blue fu una di queste iniziative: artisti all'epoca celebri contribuirono esibendosi gratuitamente, uno per canzone, reinterpretando (ognuno col proprio stile) celebri successi del grande canzonettista statunitense Cole Porter, che quasi per caso era anche gay.

Nessuna delle canzoni di Porter ha tema esplicitamente gay, anche se i doppi sensi dei suoi testi sono a volte clamorosi (per esempio la canzone "Blow, Gabriel, blow", che invita l'arcangelo Gabriele a soffiare (to blow) nella sua tromba di gloria, inizia con una frase che in slang significa esattamente: "Succhia, Gabriele, succhia").

Almeno tre video di canzoni tratte da questo Lp hanno scelto di mostrare scene legate alla vita omosessuale: il presente "So in love" della cantante lesbica k. d. lang, "You do something to me" (della cantante bisessuale Sinead O'Connor), e "From this moment on", del cantante gay Jimmy Somerville.

"So in love" ("Ti amo a tal punto") è una delle canzoni più belle e celebri di Cole Porter, ed è stata quindi cantata da un'infinità di artisti.
Questa versione di k.d. lang si differenzia dalle altre per l'atmosfera un po' melanconica, che stempera il romanticismo di maniera dei versi.

Le immagini del video ci mostrano infatti la lang nei panni d'una donna che si sta prendendo cura della compagna amata (e che si tratti d'una donna ce lo mostra un vestito femminile steso ad asciugare, che la cantante bacia), attraverso la routine quotidiana di chi deve assistere una persona malata di Aids e non autosufficiente.

Il video mostra la defatigante routine della persona sulla quale ricade l'intero peso dell'assistenza domiciliare, alle prese con la necessità di sterilizzare gli indumenti contaminati da liquidi biologici, potenziali veicoli di contagio.
I guanti indossati dalla cantante per fare il bucato (che in parte qui viene addirittura bollito per sterilizzarlo), all'epoca erano sufficienti a comunicare a molti spettatori la diagnosi della malattia di cui soffriva la persona amata: la "peste del secolo", l'Aids.

Lang scelse in questo video di attirare l'attenzione sul fatto che le donne lesbiche, pur essendo meno colpite di altri gruppi, non erano affatto immuni dal problema, come troppi pensavano all'epoca.
Ed anche se il video sceglie di non presentarci nulla di diverso da una sequenza di gesti della routine casalinga (arricchiti da dettagli, come la sedia speciale usata per lavare sotto la doccia la persona ammalata, incapace ormai di reggersi in piedi), il messaggio arriva con potenza grazie al contrasto con il testo zuccheroso della canzone, che giura "ti amerò fino a che io morirò".
Anche se tutti sapevamo, in quel periodo in cui non esistevano ancora i medicinali efficaci del giorno d'oggi, che la frase significava semmai "ti amerò fino a che tu morirai".

Un video potente, decisamente "fuori dal coro". Consigliato.

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