recensione diFabio Bazzoli
Gente del Wyoming. Un confronto tra il libro e il film
Oh, sembra che le cose che nel film non funzionino siano di più di quelle che funzionano. Ma questo film a me è piaciuto 'na cuofana.
Avevo letto il racconto di Annie Proulx da cui è tratto il film. Ma me lo ero poi quasi del tutto dimenticato: persino l'atroce storia che Ennis racconta per ricordare a Jack dove può arrivare l'omofobia nel placido Wyoming.
Ora comunque me lo sono riletto e al contrario di Rodolfo mi sento di applaudire lo sceneggiatore Larry McMurtry, che ha cavato tutto un mondo da alcuni scarni accenni della Proulx.
Ho capito perché non mi aveva commosso, né in fondo entusiasmato.
Avevo preso troppo sul serio il progetto del racconto: mostrare l'amore fra due uomini senza parole, due mandriani sfigati e sentimentalmente deprivati.
Perciò non avevo tenuto conto del fatto che Jack e Ennis non sono nemmeno ventenni.
E nessuna pur realistica brutalità psicologica può togliere a due così giovani uomini la grazia e l'intrinseca tenerezza. Che infatti nel racconto, un po' defilate, ci sono.
Ma io, inchiodato all'asprezza dei loro dialoghi, ho dovuto aspettare di vederli sulle labbra di un davvero splendido Gyllenhall, e di un bravissimo Heath Ledger, per notare il gioco di sguardi (forse troppo sottile per i non addetti ai lavori, ammetto), la loro inespressa dolcezza. E questo è cinema.
Non sono d'accordo su vari "non funziona", particolarmente sulla preparazione delle due scene principali (io però ne aggiungerei una terza: l'abbraccio e i baci della prima volta in cui i due si ritrovano, la cui intensità - evidentemente - li sorprende, li lascia senza fiato, e così anche lo spettatore che pure, come loro, se li aspettava).
Il primo crudo amplesso è girato con appassionata lucidità, animalesco, convincente, vero; cade sulla storia in modo brusco, appunto per tener lontano il polpettone.
Inoltre rispetta l'intenzione profonda del racconto.
Nella storia c'è forse qualche rivolo di troppo, forse. Ognuno ha un suo senso, però, anche se è vero che poteva essere più asciutto.
Non so se davvero l'omosessualità è poco tematizzata, perché il blocco di Ennis, quello che gli ribalta lo stomaco subito dopo aver lasciato andare via Jack la prima volta, quella è tutta omofobia introiettata, e il personaggio sarebbe incomprensibile, senza. (Perché scrivere a Jack di aver lasciato la moglie, e quando questo si precipita da te mandarlo via con una scusa, mentre lo vorresti proprio accanto a te?).
Inoltre il "matrimonio" che Jack ha in mente quando propone "potrebbe essere sempre così" forse è qualcosa di diverso e di nuovo.
Ha ragione il cardinal Ruini: il matrimonio gay cambierà il matrimonio, forse non lo dissolverà, ma lo trasformerà, come l'accesso ai diritti civili delle donne li ha cambiati, cancellando per esempio l'ovvietà di uno squilibrio nella coppia.
Infine, a me sono piaciuti un sacco:
- il brevissimo, fulmineo flashback che chiude la scena dell'ultimo incontro e che c'è anche nel libro, l'assoluto perfetto appagamento nella testa reclinata di Jack mentre Ennis lo abbraccia da dietro;
- la sequenza ancora brevissima e feroce che attraversa Ennis mentre parla al telefono con la moglie di Jack;
- il finale inconciliato, che ti fa uscire con il bisogno di sgravarti subito del desiderio di voler bene, che ci stiamo tutti sconsideratamente conservando dentro, dove non serve a niente.