Shortbus

8 febbraio 2007

Shortbus ha fatto discutere ampiamente per le sue scene hard e ha diviso la critica americana. Curiosamente si è parlato da più parti di film gay o sulla sessualità gay, anche se delle tre coppie protagoniste solo una è omosessuale: quella composta da Jamie, ex bimbo-prodigio attore, e da James, ex marchetta. Un seconda coppia è composta invece da Rob e Sofia, una consulente matrimoniale cui Jamie e Paul si rivolgono per discutere la loro decisione di allargare il rapporto a una terza persona. Finiscono presi a schiaffi, perché Sofia è un pochino nervosa essendo «preorgasmica»: nonostante Rob si impegni in tutte le posizioni previste dal kamasutra (e ho il sospetto che ne abbia inventata anche qualcuna nuova), lei non ha mai avuto un orgasmo. Infine, ci sono una prostituta specializzata in sadismo e il suo ricco cliente masochista, il cui appartamento si affaccia su Ground Zero, che offre contesto e metafora per rileggere tutto il film e il disorientamento dei suoi personaggi.

Anche lo "shortbus", il locale orgiastico dove tutti possono fare quello che vogliono con chiunque, è gestito da un travestito ma non è un locale gay: è frequentato infatti anche da molte coppie etero.


Approssimazioni critiche a parte, che le scene hard (su alcune delle quali si apre il film) abbiano fatto discutere non stupisce: sebbene non sia il primo caso di film non porno che riprende scene di sesso senza le consuete censure, ellissi, ipocrisie, è il primo che si spinge così in là in questa frontiera della visione, ed è il primo a farlo così opportunamente da riuscire ad annullare qualsiasi sottinteso morboso. La pornografia è un'altra cosa e non c'entra nulla, come non c'entra nulla il genere erotico: qui il sesso è semplicemente un fatto della vita quotidiana, e come tale è rappresentato. Con tanta naturalezza da rendere alla fine inutili tutte le discussioni in materia.

Mitchell non solo è riuscito a trovare attori disposti a mettersi in gioco praticando sesso davanti alla macchina da presa (criterio su cui si è basata la selezione, comprensibilmente), ma è riuscito a trovare attori che, oltre a spogliarsi e a fare di tutto davanti alla macchina da presa, sanno anche recitare. Nonostante ciò, ai loro personaggi manca qualcosa, soprattutto in termini di profondità e di motivazione: sembrano agire in modo piuttosto casuale, le loro azioni non si spiegano fino in fondo, le loro psicologie mostrano spunti non sfruttati o risvolti apparentemente significativi che rimangono privi di conseguenze, e le loro crisi appaiono piuttosto disperse e immotivate, in fondo già viste, anche se collocate sullo sfondo dell'11 settembre dovrebbe acquisire senso la loro mancanza di senso. Il film, insomma, gira un po' a vuoto, e dal punto di vista della costruzione drammatica è fin troppo tradizionale: si capisce subito, ad esempio, che la marchetta verrà finalmente sverginata dal voyeurista, o che la psicologa avrà il suo primo orgasmo quando si deciderà a lasciare il marito (e la psicologia New Age salva-matrimoni). Ma il regista ha il coraggio di non rinnegare le sue scelte: il finale, con la canzoncina mielosa, sembra voler ridurre l'adesione alla soddisfazione sessuale dei suoi personaggi a una vacua mancanza di senso esistenziale, ma nelle ultime inquadrature i personaggi tornano a spogliarsi e riprendono a fare sesso. Il moralismo è sventato, la coerenza apprezzabile.


Peccato solo che il regista non osi di più, ad esempio sfidando i tabù dell'estetica oltre che quelli del rappresentabile: tutti i partecipanti (maschi e femmine) a tutte le orge sono perfettamente statuari/e, tranne un'obesa inquadrata solo parzialmente e di sfuggita in un'inquadratura, e il vecchio ex sindaco di New York, che come tale (vecchio, non ex sindaco) ha diritto solo a un bacino, vestito. La vita vera non è fatta solo di sesso, ma anche di corpi imperfetti, e di corpi imperfetti che fanno sesso, e che per ricevere baci (e molto di più...) non devono necessariamente suscitare compassione o attendere di destare l'interesse di un feticista.

Nonostante ciò, il film funziona come dimostrazione di quanto sia in fondo facile e opportuno superare le barriere che hanno sempre limitato la rappresentazione della sessualità e del piacere. E funziona quindi come celebrazione della sessualità al di là di ogni secolare repressione. Che significa diritto al piacere disincrostato da ogni senso di colpa. Uno dei momenti in cui tutto ciò appare più evidente è il rapporto a tre tra Jamie, James e un modello biondo, un rapporto tanto impacciato e tanto divertito da essere già solo per questo radicalmente altro da un qualsiasi equivalente porno. A loro spetta anche la battuta più divertente: "Ti hanno mai cantato l'inno nazionale nel culo?", chiede Jamie al biondo fatuo, che risponde col tono faceto di chi dice un'ovvietà: "Certo che sì!".

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