René Crevel: un po' angelo, un po' boxeur

"Un misto di arcangelo e di boxeur" (Klaus Mann in La svolta, a proposito di René Crevel).

"L'opera di Crevel è stata la più pura espressione di un tormento comune a tutta un'epoca". (Tristan Tzara in Temps melès, 1954).

René Crevel (1900-1935) fu uno dei giovani intellettuali di spicco nel periodo del Novecento tra le due guerre mondiali.

Egli appartenne all'inquieta generazione adolescente durante la guerra 1914-'18 e adulta negli anni '30.

Gli amori di René Crevel

A quest'epoca risale anche l'amicizia con Klaus Mann. Mann aveva già pubblicato una raccolta di novelle e un romanzo, La pia danza, che è giustamente considerato il primo romanzo a tematica omosessuale pubblicato in Germania.

In una lettera alla sorella Erika lo scrittore tedesco scriveva: "Ich liebe René Crevel" ("Io amo René Crevel") (lettera dell'11 agosto 1926).

In La svolta, composto ventitré anni dopo, Klaus Mann scriverà con profondo affetto di René, che non condivise il suo sentimento, ma di cui restò amico fino alla morte.

Klaus Mann gli aveva già dedicato un bellissimo saggio in memoriam e René gli aveva ispirato il bel personaggio di Marcel Poiret nel romanzo Il vulcano, del 1939.

Mann scrisse:

"Fu in quell'esuberante primavera (quella del 1925, ndr) che io m'imbattei nel giovane poeta surrealista René Crevel (...).

Il suo fulminante fascino - egli fu forse l'uomo più dotato di fascino che io abbia mai conosciuto - accoppiava un elemento tragico-selvaggio a una disperata scontrosità (...).

Crevel era amichevole e generoso, ma poteva anche essere aggressivo e perfino crudele (...)".

Klaus Mann ci racconta che René parlava mescolando parole dell'argot (gergo) parigino al linguaggio "lirico scientifico" dei surrealisti.

Fu Klaus a presentare a René, durante un soggiorno a Berlino, la giovane scenografa Thea Sternheim, detta Mopsa, con cui René si fidanzò. (...)

Ultimo amore conosciuto di René fu una ragazza sudamericana di una famiglia ricchissima, e su cui quasi non restano tracce biografiche.

Un letterato surrealista

In Italia Crevel è conosciuto quasi solamente dagli amanti della letteratura che possono leggere le sue opere in francese, e dagli amanti del Surrealismo, gruppo artistico che influenzò tutta l'arte contemporanea e di cui Crevel fu uno degli esponenti più appassionati.

In Italia, fino ad ora, è stata tradotta una sola opera del giovane francese: La morte difficile (La mort difficile), pubblicata nel 1926.

Dagli anni Novanta in Francia Crevel è stato invece riscoperto da un vasto pubblico di lettori e le sue provocazioni, la sua fede nella rivoluzione comunista, la sua rabbia, il suo talento, sono amati da moltissime persone, che ritrovano nel giovane intellettuale surrealista affinità e idee da condividere.

Ma chi era René Crevel? Oltre al romanzo La morte difficile un altro libro ci può aiutare a tracciare un seppur molto semplice ritratto di questo intellettuale: la splendida autobiografia di Klaus Mann, La svolta.

René Crevel era nato a Parigi il 10 agosto 1900 da una famiglia della media borghesia, suo padre era un militare, un dongiovanni piuttosto eccentrico che si suicidò nel 1914, la madre era una donna molto severa, bigotta, con cui René ebbe un pessimo rapporto. Un fratello morì di tubercolosi e anche René si ammalò, poco più che ventenne, di tubercolosi.

Giovanissimo, René aveva già subito tante disgrazie e vissute tante situazioni terribili, che ben spiegano il suo temperamento.

All'università frequentò i giovani vicini alla "Nouvelle revue française", la rivista letteraria più prestigiosa del tempo, fondata da scrittori come André Gide, Roger Martin du Gard (famosissimo in Francia e autore di una storia familiare intitolata I Thibaut) ed altri.

La NRF aveva un orientamento nettamente "di sinistra".

Ben presto René divenne un "personaggio" della vita notturna di Parigi: inquieto, errabondo, girava da un locale ad un altro, frequentava aristocratici, un'americana di ricchezza sconfinata come Nancy Cunard, famosa per le sue "stravaganze", poi Klaus Mann (figlio di Thomas Mann, e più giovane di sei anni di René), il pianista americano Eugene Mac Cown.

A 22 anni René entrò nel gruppo o movimento dei Surrealisti. Capo indiscusso - e sembra un po' tirannico - dei surrealisti era André Breton, e infatti dopo la sua morte nel 1966 il surrealismo finì, anche se moltissimi pittori, fotografi, registi e pubblicitari traggono ispirazione o copiano palesemente ancora oggi il movimento, il cui periodo di gloria maggiore fu tra gli anni '20 e gli anni '30. (...)

Grandi ammiratori di Sigmund Freud, i surrealisti usavano la scrittura in stato di trance e dipingevano ciò che emergeva dall'inconscio, proponevano ed attuavano una libertà sessuale inconsueta per i loro tempi e difendevano l'omosessualità (René Crevel era l'unico gay dichiarato tra i surrealisti, anche se pare che Salvador Dalì avesse un orientamento bisessuale). (...)

Anche René Crevel, come altri surrealisti, si iscrisse al partito comunista francese.

Breton tuttavia ammirava moltissimo Lev Trotskij, il grande avversario di Stalin, e si recò in Messico per conoscerlo. (...)

In quegli anni René Crevel conobbe Eugene Mac Cown, un pianista e pittore americano di cui s'innamorò e con cui ebbe una tempestosa relazione.

Di lui scrisse:

"Amo Eugene perché rappresenta tutto ciò che questa società detesta ".

Nel 1926 pubblicò La morte difficile e poco dopo gli morì, di tubercolosi come il fratello, anche la madre.

René si accorse di essere a sua volta ammalato e soggiornò a varie riprese nel sanatorio svizzero di Davos per curarsi.

Il romanzo "La morte difficile"

La morte difficile

In La morte difficile René tratteggiò se stesso nel giovane Pierre Dumont (un artista che abita con la madre, madame Dumont-Dufour, ritratto della madre dello stesso René).

Raramente nella letteratura vi sono stati personaggi femminili tanto foschi, se non le dark ladies di shakespeariana memoria.

Madame Dumont-Dufour è descritta come crudele e perbenista, e vessa il figlio con discorsi terribili.

Il marito, un colonnello infedele, è impazzito ed è rinchiuso in un manicomio.

La paura d'impazzire è un tratto dominante del temperamento di Pierre, così come lo era di René Crevel.

Pierre, molto infelice, è indeciso tra l'amore che prova verso Arthur Bruggle, un americano superficiale, sprezzante ma affascinante (forse ispirato a Eugene) e Diane, una ragazza delicata e piena di amore e di tenerezza verso di lui.

In un certo senso René ripropone nel suo bel romanzo il dilemma di Julie, l'eroina del romanzo epistolare- filosofico di Jean Jacques Rousseau, Julie o la nuova Eloisa, scritto nel XVIII secolo e testo base dei rivoluzionari francesi del 1789. (Julie è indecisa tra l'amour passion, rappresentato da un giovane povero, e l'amour raison (l'amore ragione), rappresentato da un amico del padre, saggio ed affidabile).

Alla fine Pierre sceglie l'inaffidabile Bruggle, ma davanti al suo palese e brutale tradimento con un ragazzo di un caffè di dubbia fama, e soprattutto al suo cinismo, preferisce suicidarsi anziché vivere o avere una schietta spiegazione con Bruggle.

La stessa sera, durante la cena in un ristorante, Pierre aveva avuto parole durissime verso Diane, appositamente per distruggere l'amore della ragazza. Diane era uscita dal ristorante "impietrita" e non aveva risposto nulla alle accuse crudeli e ingiuste dell'amico troppo amato.

Il mattino dopo la madre, Diane e il pentito Bruggle si ritrovano in un ospedale, davanti al corpo senza vita di Pierre.

E la ragazza, che era stata molto gelosa dell'americano nonostante lo avesse accettato pur di non perdere l'amicizia con Pierre, prova compassione verso il giovane che piange il suo amante tanto disprezzato fino a poche ore prima.

La Parigi di La morte difficile è notturna, insonne, piena d'incubi, di ossessioni.

Il libro è molto esplicito sui temi sessuali, per esser stato scritto nei primi anni Venti, e Pierre è un misto di giovane desideroso d'amore e crudele, sensibile ed insensibile: un moderno, travagliato, nevrotico Julien Sorel di stendhaliana memoria.

Naturalmente l'artista prediletto da René e dai surrealisti era Rimbaud, il poeta maledetto per eccellenza, il giovane insoddisfatto in ogni luogo e sempre in fuga. René stesso fu un Rimbaud, ma un Rimbaud del "secolo dell'ansia", come il poeta inglese W. H. Auden definì il XX secolo.

L'epilogo improvviso

Nella tarda primavera del 1935 un gruppo di intellettuali francesi tra cui Gide e Malraux, indì un congresso di scrittori, soprattutto contro la guerra e il fascismo.

Vennero invitati autori stranieri, per l'Inghilterra Virginia Woolf che aderì ma non andò a Parigi e al suo posto giunse a guidare la delegazione britannica Forster, l'autore di Passaggio in India.

Prima dell'inizio del congresso André Breton incontrò per caso sul Boulevard Montparnasse, Ilja Ehrenburg, scrittore e giornalista, che era a capo della delegazione dell'Urss.

Ehrenburg aveva scritto un articolo denigratorio ed eccessivo verso i surrealisti; Breton gli diede uno schiaffo e il sovietico rispose.

"Tutta Parigi rise di quella farsa",

scrisse Klaus Mann in La svolta,

"ma René Crevel non rise.

René, il puro folle, il Parsifal militante, prese la farsa sul serio. Tutto egli prendeva sul serio, la poesia e la rivoluzione, il surrealismo e lo stalinismo, Breton e Ehrenburg.

Egli non voleva tradire né la poesia né la rivoluzione ".

René tentò di riappacificare il suo "capo" Breton con lo scrittore sovietico, ma senza risultati. La delegazione surrealista fu espulsa ed esclusa dai lavori.

La notte stessa, tra il 17 e il 18 giugno, tornato a casa Crevel aprì il gas e si suicidò.

Ad un giovane amico che voleva suicidarsi Oscar Wilde aveva risposto: "E' il più grande favore che puoi fare alla società" e il giovane aveva desistito dal suo proposito.

René vivo avrebbe invece continuato a gridare la sua rabbia verso un mondo che precipitava verso il fascismo e la rovina bellica.

E forse nel riscatto morale e democratico della Resistenza avrebbe trovato anche quell'equilibrio emotivo che ragioni familiari gli avevano negato.

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