I Neoplatonici, uno scherzo gay?

Salvatore Nigro, collaboratore del domenicale del "Il Sole 24 Ore", liquida I Neoplatonici di Luigi Settembrini come una "minchioneria".

Ecco una "minchioneria" liberamente tratta dal racconto che ha circa 150 anni:

Si guardavano l'un l'altro, si carezzavano, si palpavano in tutte le parti della persona, si baciavano negli occhi, e nella faccia, e nel petto, e nel ventre, e nelle cosce, e nei piedi che parevano d'argento: poi si stringevano forte, e si avviticchiavano, e uno metteva la lingua nella bocca dell'altro, e così suggevano il nettare degli Dei, e stavano lungo tempo a suggere quel nettare: ed ogni tanto smettevano un po' e sorridevano, e si chiamavano a nome, e poi nuovamente a stringere il petto al petto e suggere quella dolcezza. E non contenti di stringersi cosi petto a petto l'uno abbracciava l'altro a le spalle, e tentava di entrare fra le belle mele , ma l'altro aveva dolore, e quei si ritraeva per non dare dolore al suo diletto.

I Neoplatonici racconta, senza nulla nascondere all'immaginazione, la storia di due ragazzi greci, Callicle e Doro, che si amano di un amore schietto, dolce e sincero.

Ma per quale motivo il recensore liquida questo testo gay come un semplice "scherzetto"?


Prima di rispondere ricostruiamo la vicenda che ha permesso al breve romanzo di giungere fortunosamente fino a noi.

Nel 1937 il Professor Raffaele Cantarella, direttore della Officina dei Papiri Ercolanesi presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, si trovò tra le mani un misterioso manoscritto, contenente la traduzione dal greco de I Neoplatonici di Aristeo di Megara.

Leggendo il racconto si accorse di essere di fronte ad un vero e proprio enigma.

Innanzi tutto, il testo era imbarazzante ed osceno. Ancora, la traduzione era davvero poco credibile e terzo particolare, e non ultimo in ordine di importanza, il professore, che conosceva perfettamente la letteratura greca, non aveva memoria di Aristeo di Megara.

Cantarella, senza trovare una soluzione plausibile all'enigma, ripose tra gli scaffali della biblioteca il quaderno accorgendosi che I Neoplatonici era posto accanto ad un altro manoscritto vergato con la stessa grafia. Era quella del famoso patriota Luigi Settembrini.

"Non capita tutti i giorni di scoprire che un padre della patria ha scritto un racconto osceno" fu il pensiero che, presumibilmente, scosse il Cantarella che decise di studiare più da vicino quel lavoro.

A breve scoprì che il racconto era gia stato letto da tal professor Emidio Piermarini e che era stato presentato al filosofo Benedetto Croce che pose il veto sulla pubblicazione considerandolo un "lubrico e malsano [...] errore letterario del Venerato Maestro, martire patriottico dei Borboni".


Il quaderno fu catalogato con l'intesa rimanesse nell'ombra di qualche armadio buio della biblioteca di Napoli, ove rimase, dimenticato, fino alla prima pubblicazione del 1977 a cura, manco a dirlo, dell'illuminato professor Cantarella che ne aveva riconosciuto il valore letterario.


Le alterne vicende de I Neoplatonici costituiscono un esempio palese di quanto i letteratura la censura abbia agito sull'omosessualità come ben evidenziava Francesco Guerre ne L'eroe negato:

Gli interventi censori su libri di argomento omosessuale nel corso del secolo [scorso] sono stati molti e alla censura esterna spesso si sono affiancate forme di autocensura non meno coercitive e inibitorie. Quando l'amore omosessuale diventa nell'immaginario letterario un amore possibile, spesso scatta infatti quello che potremmo dire un processo di differimento. L'autore rimanda ad un altro momento, magari a dopo la morte la pubblicazione dell'opera e questo differimento è molto spesso dovuto a problemi di non accettazione interni agli scrittori stessi.

A distanza di 24 anni dalla prima edizione, e a ben 157 anni dalla sua redazione, I Neoplatonici ricompaiono in una collana della Sellerio e sono liquidati come una "minchioneria".


Salvatore Nigro non è l'unico detrattore dell'opera. Già il filosofo Gentile considerava I Neoplatonici, guardato dalla critica come un coming out postuma del patriota, un errore di Settembrini ed entrambi, nascondendosi dietro a termini come "scherzo", "errore", "minchioneria" allontanano da Settemrbini il sospetto di omosessualità.


Cantarella, nel lontano 1977, in una prefazione che manca alla nuova edizione del testo, arguiva:

Settembrini era un clandestino per vocazione. Coltivava sogni che non dovevano essere noti, che non dovevano essere vissuti.

Quei sogni, che raccontano l'amore dolce e il sesso sfrenato di due ragazzi che divenuti adulti

si amarono sempre [tra loro], e sino alla vecchiezza di tanto in tanto per qualche occasione trovandosi nel medesimo letto confondevano i piedi e si abbracciavano come nei primi anni della loro giovinezza


sono i sogni di molti di noi, altro che minchionerie...

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