Che strano paese è l’Italia! Capace di sfornare alcuni dei migliori talenti, e di ignorarli bellamente in patria. Succede così ad Ennio Marchetto, uno dei più apprezzati comici trasformisti al mondo, che si è esibito con successo nei più grandi teatri di New York, Parigi, Berlino, Sydney, Tokyo, ma che in Italia è poco conosciuto. Colpa della tv, dice lui: in Italia se non passi dal piccolo schermo non ti conosce nessuno. Vero, ma che peccato…
Ennio è un sobrio giovanotto quarantaquattrenne, che ogni sera si traveste con costumi di carta e, accompagnato da una semplice base musicale, propone un esilarante show in cui interpreta i tic e le movenze dei più disparati personaggi dello spettacolo, da Marylin a Madonna, da Freddie Mercury a Eminem. I costumi sono studiati per creare trasformazioni insolite: l’abito kitsch della Regina Elisabetta si apre ed ecco che appare il leader dei Queen, mentre dall’ampia veste di Mina spuntano panini, salamini e grandi prelibatezze.
Sono soprattutto icone gay quelle che Marchetto fa rivivere sul palco, grazie ad un solo gesto o una camminata. Ed è forse per questo che spesso i suoi spettacoli vengono organizzati in occasioni legate al mondo omosex. In una di queste occasioni, cui Ennio ha partecipato con uno show applauditissimo, lo abbiamo incontrato.
Ennio, che ti è saltato in mente di travestirti con costumi di carta?
Facile: sono veneziano, è stato grazie al Carnevale che ho scoperto questa passione per creare personaggi, costumi, ed esibirmi davanti ad un pubblico. Una volta ogni veneziano si creava il proprio costume, ora è diventata una cosa commerciale, meno legata alla creatività.
Sì, ma ora ci campi…E’ stato Lindsay Kemp a fulminarmi. Quando vidi il suo spettacolo rimasi per tre giorni in coma per l’emozione, e decisi di fare uno stage con lui. Ma il salto fu nel 1990, quando ho partecipato al Festival di Edimburgo, e da lì ho iniziato a fare tournée nei teatri di mezzo mondo, dall’Australia al Giappone, al Nord America. Ho fatto anche da support act agli Erasure al Radio City Music Hall di New York, uno dei teatri più belli del mondo.
Hai fatto tutto da solo quindi.
Sono assolutamente autodidatta. Ho lavorato da solo per due anni, poi ho incontrato Sosthen Hennekam, un ragazzo olandese con cui sono stato insieme per cinque anni, e con cui ancora lavoro pur non stando in coppia. Lui fa dei costumi molto belli; sono dei pezzi di carta che si trasformano in tre o quattro personaggi.
Tu e Sosthen realizzate da soli i costumi. Hai un rapporto molto manuale con il tuo lavoro.
Mi è sempre piaciuto disegnare, tagliare: trovo bellissimo costruire le cose pensando ai personaggi; provo le cose che costruiamo davanti allo specchio, vedo la mia faccia come sta, la proporzione, le espressioni in relazione a quel personaggio.
La cosa che emerge nei tuoi show è come riesci a cogliere con un piccolo gesto lo spirito del personaggio.
Non è che cerco di vedere e copiare quello che fa il personaggio. E’ la sua voce che entra dentro e lavora, mi fa assimilare i modi e le gestualità del personaggio stesso. Ovviamente anche il costume aiuta. Per passare da un personaggio all’altro, mi basta sentire la voce e cambiare un pezzo di carta, e divento un altro.
So che sei stato protagonista anche di show privati esclusivi.
Sì, ho fatto spettacoli per Elton John e la Regina d’Inghilterra. E’ gratificante fare queste cose, ma non è che mi dessero grandi soddisfazioni. A me piace il pubblico misto, e mi piace che tra il pubblico ci siano anche i gay, si divertono di più; in fin dei conti la maggior parte dei personaggi che faccio sono icone gay, anche se le conoscono tutti. Ma poi credo che tutte le più grandi icone siano icone gay!
Che rapporto hai con la comunità omosessuale?
Faccio spesso cose per gruppi gay, ma non frequento molte comunità o circoli gay, non ne ho il tempo. Seguo quello che leggo su Pride. Non sono mai riuscito ad andare ad un Gay Pride in Italia. Credo siano eventi importanti, perché non c’è una grande apertura nei confronti dei gay. Certo, le cose stanno cambiando, ma c’è ancora molta ignoranza.
Una delle rivendicazioni principali in Italia è il riconoscimento delle coppie di fatto.
Ho avuto una grande esperienza con una coppia di miei amici: uno era malato di Aids, l’altro è rimasto vicino fino all’ultimo momento, ma appena lui è morto, i disgraziati dei genitori gli hanno portato via tutto. La gente non sa, pensa che vogliamo i matrimoni per imitare gli etero, invece è giusto che due uomini si sposino per tutelare questi diritti concreti, perché poi la famiglia non si faccia avanti e ti derubi, ad esempio.
Tu, ti uniresti civilmente con un tuo eventuale compagno, se fosse possibile?
Certo, come no. Solo che ahimè è difficile anche innamorarmi, perché sono sempre in giro e trovare una persona disposta a non vedermi per due mesi, è difficile.
Per te è importante l’amore?
In questo momento non saprei dirti: sono stato così male perché ero innamorato di una persona che evidentemente non lo era come lo ero io, che preferisco non essere innamorato. L’amore è una sofferenza, ma penso che ognuno ha bisogno di essere innamorato. Però ci sono altre forme di amore che per me sono importanti, come gli amici o quello che mi dà la natura: io amo le piante da giardino, per me è un grande amore. E quando sono fuori, posso curarle con l’irrigazione automatica; forse trovando un amante con irrigazione automatica riuscirei a realizzare una coppia felice…
Facciamo un sogno: Ennio Marchetto tra vent’anni.
Professionalmente penso di non riuscire a fare questo show tra vent’anni, perché sarei ridicolo e forse non avrei neanche le energie… Già vedo che nel truccarmi devo aggiungere un poco di cerone in più, come fa Moira. Farò questo show ancora cinque o sei anni forse, e poi chissà: vorrei stare un po’ tranquillo, godermela e magari innamorarmi. Ecco, questo sì: innamorarmi a cinquant’anni.