Running Scared, ovvero: perché così poco nudo maschile al cinema?
L'autore, uno dei fondatori della rivista accademica Wide Angle, che per oltre un decennio ha avuto un occhio di riguardo per l'analisi del cinema in chiave di gender, analizza in questo volume le modalità con le quali il corpo maschile (più specificamente il nudo maschile) è ed è stato rappresentato nel cinema, proponendosi di colmare una lacuna dovuta alla "presunzione che le questioni relative alla rappresentazione del corpo maschile siano dominio esclusivo dei teorici e dei critici gay" (pp.21-22). L'opera è dunque scritta da una prospettiva "maschile eterosessuale" (p. 23), come l'autore tiene - giustamente, viste le premesse - a sottolineare, ma è utile anche per chi voglia approfondire il cinema a tematica omosessuale, poiché allo scopo non è possibile evitare di occuparsi anche della concezione della virilità e della rappresentazione grafica del corpo maschile nel cinema, che sono appunto i temi centrali del volume. Di particolare e "diretto" interesse risulta inoltre il secondo capitolo, che analizza due casi poco noti di soppressione della tematica omosessuale in illustri film biografici: Il ragazzo selvaggio di Truffaut e L'enigma di Kaspar Hauser di Herzog. Lo sguardo dell'autore (piuttosto ampio: dal cinema americano spazia a quello europeo, fino ad arrivare, nell'ultima parte del volume, a quello giapponese) è segnato in sottofondo dalla psicanalisi e soprattutto dall'idea (invero non nuova) del fallo che non deve scoprire la propria idealità mostrandosi in incarnazioni inevitabilmente insufficienti a conservarne il ruolo di significante supremo, da cui deriverebbe la decennale diffidenza, da parte del cinema, nei confronti del nudo maschile integrale frontale.