De La Iglesia confeziona un film non perfetto ma, almeno per alcuni aspetti, affascinante. Dietro ad un soggetto da film giallo-horror, che non avrebbe stupito veder realizzato con la firma di Mario Bava o Jess Franco, l’autore innesta elementi e situazioni psico-sociologici non sempre disprezzabili (critica al regime franchista, una forte critica sulla difficile situazione economica dell’epoca e una veemente polemica sul consumismo sono gli elementi che risaltano maggiormente). Certo il film è ben lungi dall’essere un capolavoro: diverse scene sono un po’ troppo didascaliche e l’impronta politica e sociale che pervade tutta la pellicola ne rallenta il ritmo narrativo; nondimeno in più di un momento il regista dimostra di saper ben caratterizzare le situazioni con originali invenzioni stilistiche (una su tutte l’assassinio della fidanzata, che viene strangolata e contemporaneamente baciata dal killer, con un montaggio che alterna dettagli del bacio a quelli delle mani dell’assassino intorno al collo della vittima). Curioso l’utilizzo del personaggio omosessuale: un piccolo borghese solo e malinconico che, malgrado sia a conoscenza dei delitti compiuti dal protagonista, riesce a diventare suo amico e ad affascinarlo, instaurando uno strano rapporto che sfiora quasi il sincero affetto e l’attrazione sessuale (da questo punto di vista la scena più rilevante è senz’altro quella ambientata nella piscina del centro sportivo). Stupido e forviante il titolo della versione inglese e americana The Cannibal Man, anche perché nel film non ci sono scene di cannibalismo (in una sola scena il protagonista crede di aver ingerito della carne umana ed è subito disgustato, tanto da vomitare).
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