recensione diMauro Giori
Boogie Nights - L'altra Hollywood
La storia certo è di quelle che il cinema non racconta tutti i giorni, e il suo successo non indifferente il film l'ha meritato. Tuttavia la regia è troppo vincolata ai suoi maestri di riferimento, più o meno esibiti (si comincia con una sequenza elaboratissima alla Scorsese - viene dritta da Quei bravi ragazzi - , ma poi si continua con Altman). Tanto che chi conosce Altman capisce da subito che il povero operatore finirà con l'uccidere la moglie (rovinandosi quello che avrebbe dovuto essere il colpo di scena più emozionante del film nonché l'apice del climax della prima parte dedicata all'ascesa degli anni '70). Al regista va comunque riconosciuto il merito di saper condurre con mano quasi sempre leggera e coinvolgente (anche se talora un po' troppo esibita) un film molto lungo (troppo).
Marky Mark (pardon, Mark Walhberg: lui ci tiene che non lo si chiami più con il nome d'arte di quando indossava le mutande di Calvin Klein) come adolescente non è il massimo, e attraversa vent'anni senza mutare un capello, ma in compenso gli attori di contorno conoscono il loro mestiere.
Il film è ispirato alla biografia di John Holmes, una delle più note star del porno, che nella sua carriera non ha disdegnato anche film gay, dei quali però non c'è traccia in Boogie Nights. Nulla intacca l'eterosessualità del protagonista, né l'approccio maldestro ed estremamente patetico del tecnico del suono, né il pestaggio da parte di una squadra di ragazzacci omofobi, che lo prendono per gay e lo assalgono una notte in un parcheggio isolato (ma lui è solo tornato alla sua originaria fonte di guadagno - farlo vedere e masturbarsi per venti dollari - e la scena serve solo a far capire che ha toccato il fondo, o quasi). Tornare a fare porno rappresenterà allora una nuova rinascita, benché complessivamente il mondo della pornografia sia rappresentato, con un realismo venato di malcelato moralismo, come un universo popolato da gente equivoca, drogati, ninfomani, casi da manicomio, produttori pedofili, donnine infantili e, quando va bene, talenti frustrati, al quale sembra si possa sopravvivere solo mantenendo il distacco di Jack Horner, il regista interpretato da Burt Reynolds, e dal quale sembra quasi impossibile uscire.