recensione di Mauro Giori
Maurice
Dopo l'enorme successo internazionale ottenuto con Camera con vista, Ivory e il suo produttore di fiducia (nonché compagno) Ismail Merchant ritentano la fortuna con un altro romanzo di Forster. Questa volta la scelta cade su Maurice, romanzo pubblicato postumo negli anni '70 (ma scritto nel 1914) e molto amato dal pubblico gay, che ha perdonato presto a Forster una vita da velata.
Ivory e Merchant, per altro, avevano fino a quel momento accennato all'omosessualità solo in un paio di occasioni, con personaggi minori di Party selvaggio (1974) e con la lesbica repressa de I bostoniani (1984).
Maurice invece affronta il tema di petto, e se il suo enorme successo di critica (a Venezia ottiene il Leone d'argento e premi per i due protagonisti e le musiche) si spiega con l'entusiasmo nei confronti di un "autore" scoperto di fresco, il suo altrettanto ampio successo presso il pubblico gay si deve al fatto che una volta tanto l'omosessuale protagonista non solo non muore, ma corona persino il suo sogno d'amore, cui giunge tra mille difficoltà e superando i mille ostacoli frapposti dalle convenzioni sociali (quelle, soffocanti, dell'Inghilterra edwardiana, vale a dire di inizio '900). Certo il finale apre all'incertezza, ma la precarietà della situazione dei due amanti rende infine ancora più smisuratamente romantico il loro amore, che da solo basta a far fronte a qualsiasi difficoltà futura.
Gli ingredienti che hanno garantito al film un ampio seguito degli spettatori gay sono presto elencati:
- il lieto fine che riscatta in un impeto di amore fiabesco tutta la malinconia autunnale del film, tutte le inibizioni e i sentimenti soffocati che il povero Maurice deve imparare a gestire, tutte le masturbazioni intellettuali - che vengano dalle pagine di Platone o dagli intellettualoidi compagni di corso - che gli impediscono di vivere;
- l'affetto tra maschietti esibito con profusione sotto forma di baci, carezze e abbracci, che nell'Inghilterra del 1914 significavano qualcosa di più di quello che possono significare oggi;
- l'aura sognante e fiabesca della storia d'amore: a Maurice basta lasciare aperta la finestra perché gli entri in camera il principe azzurro, che gli regala una notte di sesso che val bene una polmonite;
- la facile suddivisione, manichea persino, tra il coraggio e la devozione d'amore di Maurice e Alec e la paura e l'ipocrisia di Clive, tradotta prima in amore platonico, poi in un matrimonio di copertura che Ivory sbeffeggia e ridicolizza a più riprese;
- un po' di nudo integrale maschile, che oggi è moneta corrente ma all'epoca, anche se parliamo solo di quindici anni fa, era tutt'altro che abituale. Qui per altro è piazzato con cura, è ripreso con una certa raffinatezza e caricato di simbolismi, dal momento che i contrasti sociali, e il loro progressivo superamento per ciò che riguarda Maurice e Alec, sono rispecchiati negli abiti sempre meno differenziati che i due vestono, e infine proprio nel loro stare nudi assieme, privilegio negato a Clive e alla moglie.
Il successo del film si traduce in un rapporto continuativo d'affetto del pubblico omosessuale e, all'epoca della sua uscita nelle sale, in migliaia di lettere entusiaste recapitate ai protagonisti (tutti eterosessuali, ma i mittenti per lo più non lo sapevano...) dagli spettatori gay e... dalle collegiali giapponesi (che già allora avevano una fissa per le storie d'amore e di sesso tra gay).
Ivory gioca in casa, perché alla fine Maurice racconta la sua storia preferita, quella di un personaggio che si trova ad affrontare le convenzioni e le inibizioni del suo tempo e coglie al volo l'occasione di infrangerle e di infondere passione nella sua grigia esistenza borghese (e ovviamente l'energia arriva dal popolo). Ma ad Ivory riesce meglio la resa delle inibizioni che delle passioni: il suo stile elegante, composto, così "inglese" - benché il regista sia di origini californiane -, si presta poco a tradurre in immagini il fuoco delle passioni. Per questo motivo, e forse per qualche reticenza studiata, tutto sommato Maurice osa poco e oggi è destinato a deludere lo spettatore che non abbia la pazienza di contestualizzarlo.
Non aiuta nemmeno una sceneggiatura lacunosa che procede per strappi e non approfondisce le psicologie dei personaggi quanto basta a dare la dovuta coerenza a tutti i loro rivolgimenti e capricci sentimentali. Ciò è evidente soprattutto nel personaggio di Clive. Rispetto al romanzo di Forster, seguito per il resto molto fedelmente (il che non è un pregio - come ancora troppi pensano - ma solo un dato di fatto), Ivory ha aggiunto la scena dell'arresto del compagno di college, per cercare di motivare meglio la scelta di Clive di "darsi" all'eterosessualità. Ma l'espediente non è sufficiente a colmare tutte le lacune.
Anche se Maurice non raggiunge i livelli di Camera con vista, Casa Howard o Quel che resta del giono, gli si deve riconoscere un'eleganza e una perizia della messinscena ancora lontana dal calligrafismo dell'Ivory successivo, e una direzione degli attori di gran livello. James Wilby fa un lavoro egregio nell'intepretare Maurice, per altro senza preparazione (è stato scelto all'ultimo momento dopo la rinuncia di Julian Sands), Hugh Grant non ha più saputo recitare così e Rupert Graves, al suo secondo film (il primo era stato Camera con vista) sarebbe rimasto nella memoria anche se non si fosse spogliato con tanta generosità (il che certo non ha guastato...). Per altro Graves non si era tirato indietro nemmeno in Camera con vista, nella sequenza del bagno al lago che Long, studioso di Ivory, ha definito una sequenza piena di "echi whitmaniani di liberazione omoerotica", mentre Maurice, per ammissione dello sceneggiatore, prende ispirazione più dalle idee di Carpenter.
In origine Maurice doveva durare 3 ore, ma Ivory ha tagliato circa mezz'ora di sequenze già montate, nel tentativo di assicurare maggiore ritmo al film. I tagli hanno riguardato anche 15 minuti iniziali ambientati dopo l'arresto del compagno di college, nei quali tra l'altro se ne vedeva il suicidio, mentre Maurice, già lasciato da Clive, tentava un abbordaggio estremamente maldestro con un adolescente ospite della famiglia per un fine settimana. Buona parte del film, dunque, era in effetti un flashback rispetto a questa prima sequenza. Sotto i colpi delle forbici di Ivory è caduta anche una sequenza nella quale Clive si infilava nel letto di Maurice (ma il loro amore rimaneva comunque platonico) e una parte della tenera prima notte d'amore tra Maurice e Alec.