recensione diMauro Giori
Screening the Sexes
Da noi Parker Tyler è pressoché sconosciuto, ma negli Stati Uniti è stato un poeta e uno studioso di cinema molto apprezzato e i suoi libri circolano ancora a trent'anni esatti dalla sua scomparsa.
Quella di Tyler è una figura piuttosto complessa, non priva di aspetti curiosi che si riflettono anche nella sua attività di critico cinematografico: i suoi lavori nel campo sono stati spesso pionieristici, come nel caso di questo volume dedicato all'omosessualità nel cinema, che è stato "il primo a esplorare il soggetto in modo approfondito e con spirito, gusto e alti standard culturali", come scrive nella prefazione alla riedizione del 1993 (New York, Da Capo Press) Andrew Sarris, uno dei più influenti studiosi di cinema americani: che sia lui a firmare una prefazione che è un attestato di stima, è già in sé significativo.
Il lavoro di Tyler è affascinante per l'acume delle sue intuizioni, per la particolarità del suo stile (che non disdegna un certo gusto camp) e per la radicalità delle sue interpretazioni e la perentorietà dei suoi giudizi (spesso molto soggettivi, ma sempre competenti: le sue provocazioni non sono mai fini a se stesse).
Questo volume, che è rimasto forse il suo lavoro di critica più significativo, olte che l'ultimo (è stato pubblicato un anno prima della sua morte), non è una storia organica dell'omosessualità nel cinema, ma piuttosto un'esplorazione per grandi temi e grandi tipologie di figure omosessuali (o di "homeros", come preferisce chiamarli lui...). È comunque il primo tentativo di costruire un repertorio e di tirare delle conclusioni sul modo in cui il cinema ha trattato l'argomento nei suoi primi settant'anni di storia.
Dieci anni dopo Vito Russo sarebbe tornato sull'argomento, in modo più lineare ed organico, da buon giornalista, e raggiungendo risultati importanti, da buon militante, ma senza la sottigliezza d'analisi e la competenza di Tyler, che era un buon critico cinematografico, che per altro non limita il suo sguardo al cinema americano.
Il volume è chiuso da una postfazione firmata da Charles Boultenhouse, che è stato il compagno di Tyler per trent'anni.