La liceale, il diavolo e l'acquasanta

20 ottobre 2015

Per i fan del trash nostrano dev'essere un'inestimabile fonte di piacere vedere Alvaro Vitali stuprato dall'“uomo primitivo” per eccellenza del cinema italiano, vale a dire Salvatore Baccaro, comparsa ben più che iconica, celebre per il suo volto inconfondibilmente troglodita.

Questa visione (anche se la violenza carnale vera e propria avviene off-screen, dopo che Baccaro ha stordito Vitali con una clava) è talmente impagabile da far sembrare un prezzo accettabile persino la visione de La liceale, il diavolo e l'acquasanta di Nando Cicero.

Il film in questione è composto da tre episodi legati da un filo conduttore che sarebbe esagerato definire “esile”, cioè l'elementare tripartizione Paradiso-Purgatorio-Inferno.

Il primo – interpretato dalla liceale per antonomasia, Gloria Guida – si intitola Paradiso andata e ritorno. Ma la Guida ormai ha abbandonato il liceo e si è data alla danza, e infatti l'episodio, come parecchi esemplari del cinema nostrano di fine anni Settanta (vedi L'insegnante balla con tutta la classe), è funestato – tra le tante altre cose – dal tentativo di richiamarsi a La febbre del sabato sera. Ciò induce Nando Cicero a inserire svogliatamente noiosi momenti ballerini... che non sono peraltro la cosa peggiore dell'episodio: il posto è già occupato da Alberto Ercolani, il quale dà una caratterizzazione più infantile del dovuto all'ebete angelo Ciclamino, inviato sulla Terra per salvare la virtù di Gloria Guida, una battaglia persa in partenza.

È Alvaro Vitali (palpeggiato da Mimmo Poli appena entra in scena) a conferire almeno una bastevole dignità trash al più movimentato Amore e manette, il secondo episodio. Vitali vi impersona l'agente (ben poco) siculo Petralia, abbandonato dai suoi colleghi (che devono reprimere una manifestazione di checche pazze) al momento di condurre in Centrale il travestito Ernesto, arrestato per taccheggio.

Costui, alla domanda «Signorina, mi scusi, è vero che lei è un uomo?», risponde «Mah, non saprei: mio padre voleva un maschietto, la mamma una femminuccia; sono nato io e li ho accontentati tutti e due». Questa era una delle battute ricorrenti nella routine comica di Ernst Thole – attore specializzato nell'interpretazione di gay astuti e serpigni, nonché ospite fisso del programma televisivo Non Stop – che nel film di Cicero interpreta appunto Ernesto il travestito.

Ma poiché nel cinema italiano sono ben pochi gli omosessuali “irrimediabili”, Ernesto finisce per rubare la fidanzata di Vitali, un'orrida vergine siciliana trasformata in una bionda procace grazie ai suoi artifici femminili. A seguito di questo oltraggio, Vitali si suicida inavvertitamente e finisce in un paradiso terrestre ben poco paradisiaco, dove infatti viene brutalizzato da Baccaro, un villoso omosessuale vestito con foglia di fico. Neanche nel giardino dell'Eden si può star tranquilli!

L'ultimo episodio, Povero diavolo, è il trionfo della “sodomania”: un inviato di Belzebù (Pippo Santonastaso) viene invocato da uno sfortunato fabbricante di dentiere impersonato da Lino Banfi, che ha vagheggiato di vendere l'anima al Diavolo, Quest'ultimo però non si interessa di anime: pretende infatti che il suo emissario abbia un coito anale con la moglie di Banfi. Ma, per via di un equivoco al momento della stesura del contratto, Banfi si accorge di aver ceduto il proprio didietro invece di quello della moglie. Né Banfi né il servo di Satana, che risponde al nome di Pupù, sono troppo contenti dell'accordo, ma la convenienza vince sul pudore, e quindi il Lino Nazionale – per ottenere i favori promessigli dal Diavolo in cambio – tenta di indorare la pillola a Pupù, persuadendolo del primato della bellezza del corpo maschile rispetto a quello femminile, mostrandogli nudi statuari fascisteggianti.

I tradizionali equivoci determinati dalla situazione fanno sì che alla fine sia l'agguerrito padrone di casa di Banfi, giunto nottetempo con un'ingiunzione di sfratto, ad essere violato dal demoniaco membro. Il trattamento è tanto efficace che, il mattino dopo, il padrone di casa si ripresenta, mutatosi in una formidabile checca, promettendo amore eterno a Banfi.

La liceale, il diavolo e l'acquasanta è uno di quei filmacci in cui il meglio sta nel peggio e non viceversa: le peripezie anocentriche di Banfi e di Santonastaso vengono dipinte da Nando Cicero con una tecnica a metà tra astrattismo e compiacimento per l'immondo. Il paradosso del trash si compie nella maniera più perfetta: la sovrabbondanza di banalità grezza acquisisce una parvenza di esuberante creatività.

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