recensione diFrancesco Gnerre
Prima di morire
Come un classico "giallo", il romanzo narra di due efferati delitti, rappresentati ad apertura di libro, ma Farinetti non è un "giallista" o lo è in maniera tutta originale.
Lo stesso schema del giallo, basato sulla figura centrale di un detective e sulla lotta tra il Bene e il Male dove è scontata la vittoria del Bene con la condanna dei colpevoli e il ristabilimento dell'ordine, è stravolto.
Qui non ci sono detective e nessuno dei due delitti sarà punito dalle leggi dello Stato. Eppure, come nei migliori romanzi gialli, il lettore vive tensioni e colpi di scena che impediscono, una volta iniziata la lettura, anche grazie alla fluidità della narrazione e alla straordinaria facilità dei dialoghi, di chiudere il libro.
In realtà Farinetti, giocando col genere del "giallo" rappresenta una realtà più complessa con esiti sempre imprevedibili.
Teatro della vicenda, concentrata in due sole giornate, è la "Cagnalupa", un'antica villa di campagna tra le colline delle Langhe, un paesaggio colto in tutte le sue sfumature, che rimanda a Pavese e ancor più a Fenoglio, esplicitamente richiamato dal narratore.
Qui, "nel giugno di ventitré anni prima" si rompe violentemente il fragile equilibrio che tiene insieme i personaggi: la vedova Costanza Dogliani, proprietaria della casa, i nipoti Carlo ed Elisabetta, che hanno perso i genitori da piccoli, il loro amico Emanuele, perdutamente innamorato di Carlo, Adele, un po' infermiera e un po' dama di compagnia della Dogliani, e Rosa, la domestica, moglie di Oreste, un uomo violento e manesco, e madre di Livio, un ragazzo quindicenne ritardato.
Accanto a questi personaggi troviamo anche, secondo una modalità consolidata della narrativa di Farinetti, personaggi che già conosciamo dagli altri suoi romanzi e che formano, insieme ai nuovi, una grande famiglia allargata.
Così la Signora Dogliani incontra ad un concerto Diana Fossati, la protagonista del precedente romanzo In piena notte, ma tra le vecchie conoscenze incontriamo in particolare Sebastiano Guarienti e Zeno Lauriano, il primo protagonista di una bella storia d'amore gay nel primo romanzo di Farinetti Un delitto fatto in casa del 1996, il secondo, uno dei protagonisti di Lampi nella nebbia del 2000, tra i più affascinanti personaggi gay della letteratura italiana degli ultimi anni, un modello di gay anziano di straordinaria dignità e originalità.
La presenza dei due personaggi, oltre a immettere il lettore che conosce gli altri romanzi di Farinetti in una atmosfera familiare, rafforza quell'idea di normalità del comportamento omosessuale, oltreché di consapevolezza e autostima, che caratterizza tutti i personaggi gay di Farinetti.
Cosa è realmente successo alla "Cagnalupa", quale il senso di quelle due morti così assurde lo sapremo nella seconda parte del libro, "nel settembre di ventitré anni dopo", quando un arrivo imprevisto, come un deus ex machina, svelerà in parte i misteri di quella tragica notte.
Della vicenda del romanzo non è il caso di raccontare altro per non togliere al lettore il piacere della sorpresa e della suspense, ma quello che si può dire è che Farinetti capovolge i vecchi luoghi comuni del povero omosessuale vittima predestinata e se proviamo ad istituire un confronto tra etero e gay, i primi, spesso belli e impossibili, protervi e sicuri di sé, si riveleranno deboli e crudeli, totalmente incapaci di dare un senso alla loro vita, mentre il "piccolo finocchio", innamorato senza speranza di un uomo che lo deride, legato all'indelebile ricordo di quell'"incupirsi selvaggio e sprezzante" degli occhi dell'altro di fronte alle sue profferte d'amore, troverà la forza di rimettere insieme i cocci che gli altri hanno seminato.
Sarà infatti Emanuele a recuperare le memorie dell'antica casa, diventando una specie di custode del tempio.
E lo fa da "adulto solitario", gay consapevole che ha imparato a vivere relazioni, passioni, delusioni con una forma tutta nuova di serena accettazione della vita.
Un discorso a sé meriterebbero i personaggi femminili del romanzo, sempre straordinari nella loro gestione della quotidianità, spesso capaci di riscatti inquietanti e imprevedibili, che insieme ai gay, come in alcuni dei romanzi più belli degli ultimi anni (Le ore di Cunningham o Il faro di Blackwater di Toibin) sembrano, più dei maschi eterosessuali, in grado di guardarsi dentro, di interrogarsi e di saper trovare inedite soluzioni alle difficoltà e alle follie dell'esistenza.