recensione diFrancesco Gnerre
Nuova generazione perduta, La. Saggi critici e di attualità di Leavitt
Nel suo libro di maggior successo, Ballo di famiglia, del 1984, David Leavitt indagava la nostra quotidianità con uno sguardo nuovo, quello della generazione degli anni Ottanta.
Il libro è diventato un classico della nuova narrativa ed è stato un modello di tanti giovani scrittori impegnati a fare un bilancio di quel "misero e disonesto decennio".
Con questo nuovo libro che raccoglie scritti giornalistici e autobiografici, Leavitt ritorna in vari modi sullo stesso tema.
Nel primo pezzo, che dà il titolo alla raccolta, una sorta di manifesto generazionale, egli tratteggia i caratteri salienti degli anni Ottanta: l'ironica disperazione, la sensazione di sentirsi "nel mezzo", di essere nati troppo presto per appartenere alla generazione disincantata e computerizzata degli anni Novanta e troppo tardi per vivere le illusioni di cambiamenti rivoluzionari della generazione precedente.
Altri testi trattano il tema dell'Aids, con cui proprio la generazione degli anni Ottanta ha dovuto confrontarsi, e Leavitt lo fa con pacatezza, rievocando il periodo in cui a New York "le strade erano piene di un senso quasi palpabile di lutto e di panico", ma raccontando anche i momenti di vittoria della vita e dell'arte, il suo impegno e la necessità di entrare in quella zona grigia "in cui arte e politica sono costrette inevitabilmente a interagire".
Tra gli altri testi che compongono il libro si segnalano l'autointervista in occasione dell'uscita del romanzo Mentre l'Inghilterra dorme e l'illuminante saggio sui "libri gay", in cui Leavitt, racconta, con uno stile semplice ed essenziale, prima che la sua esperienza di scrittore, quella di lettore alla ricerca di una letteratura che abbandoni l'ossessione voyeuristica per la bellezza maschile, e invece di sbavare su angeli scesi in terra, trasformi l'esperienza omosessuale in un dramma squisitamente umano.