recensione diDaniele Cenci
Dizionario della pornografia
Dalla tradizione enciclopedica dell'Illuminismo e della rivoluzione francese ci giungono all'inizio del nuovo secolo straordinarie opere di 'ricostruzione'culturale.
Mentre gli imprescindibili "Dictionnaire de l'homophobie" (diretto da L.-G. Tin, PUF 2003) e "Dictionnaire des cultures Gays et Lesbiennes" (a cura di D. Eribon, Larousse 2003) attendono invano di esser tradotti, la CSE di Torino porta coraggiosamente in libreria una pietra miliare dei Porn Studies, il"Dizionario della pornografia" (diretto da Ph. Di Folco, PUF 2005): l'edizione italiana, coordinata da R. Marro, si segnala per la sua puntualità anche nei necessari adattamenti alla nostra realtà culturale.
I diversi contributi, concentrandosi di volta in volta sulla pornografia scritta e/o visuale, fallocratica o post-femminista, nobilitata come finemente erotica o genuinamente oscena, danno dignità di pubblico sapere a pratiche intellettuali e di consumo spesso relegate alla sfera privata.
L'opera, pur priva - ahinoi! - di illustrazioni, si segnala per la ricchezza degli approcci (un centinaio di studiosi delle varie discipline, ma anche scrittori, giornalisti, etc.), per l'esaustivo numero delle voci (circa 450), e riporta in appendice due 'gallerie' di nomi (mini-biografie) e parole, utili per districarsi nell'universo hard: un complesso, millenario arcipelago dei piaceri/poteri sui corpi e sul sesso, da sempre ostracizzato, ultimamente addomesticato/anestetizzato nell'Occidente neo-capitalista.
Trascurabili le inesattezze, per lo più relative ai rimandi bibliografici (tra l'altro, per i libri non viene mai indicato l'anno dell'edizione originale) e ad alcuni lemmi: la 'gang bang' non è una specialità esclusiva degli etero; la 'backroom' (o 'black room', a seconda della quantità di buio ideale per una scopata anonima/collettiva) andava forse meglio repertoriata sotto il nome da noi invalso di 'dark room', etc. Inezie che non scalfiscono la rigorosità dell'impianto.