recensione diFrancesco Gnerre
Amico di Marcel Proust, Un
Parigi 1916. Il mondo è sconvolto dalla guerra, gli uomini sono al fronte (il titolo originale del romanzo è En l'absence des hommes), ma per chi vive in città la guerra è lontana, "un brutto rumore, un'irritazione passeggera, un rimorso presto superato, una cattiva coscienza con la quale si può facilmente venire a patti".
In questa situazione particolare, favorevole ad accostamenti improbabili e ad intimità folgoranti, il sedicenne Vincent, bellissimo adolescente di buona famiglia, vive una doppia iniziazione, della mente e del corpo, in quella che chiamerà "la settimana di tutti gli sconvolgimenti". In un salotto parigino conosce Marcel Proust, più grande di lui di trent'anni, e tra i due nasce un intrigante gioco di seduzione: da una parte il potere della giovinezza, dall'altra il fascino del grande scrittore.
Negli stessi giorni Vincent incontra Arthur, il figlio della governante, giovane soldato in licenza, che gli confessa di amarlo da sempre e che ora sente il bisogno di essere sincero, perché la minaccia della morte è incombente "e allora bisogna parlare, bisogna dire prima di morire, non bisogna morire con questo segreto, questo bel segreto". Tra le sue braccia Vincent conosce la passione erotica, l'amore, e poi il dolore della lontananza e la trepidazione dell'attesa, "come la moglie di un marinaio rimasta in un porto".
L'amicizia con Proust, carica di profonde e non dette corrispondenze, di soggezione, ma anche di slanci affettivi, è per Vincent una vera e propria iniziazione alla letteratura e alla conoscenza dei complessi meccanismi dei rapporti umani.
L'amore di Arthur è la maturazione alla vita, la consapevolezza di amare gli uomini, la conoscenza delle atrocità della guerra che irrompe con violenza nella sua esistenza.
Vincent non crede di dover scegliere tra la conversazione amabile del celebre scrittore e il corpo delizioso del suo soldato dolente.
Non ha l'impressione di tradire l'uno o l'altro.
Appartengono a sfere diverse, a momenti distinti.
Amarli entrambi non è inconciliabile, al contrario "è quasi un'ovvietà, una necessità".
Si tratta di due uomini che tutto oppone, tutto allontana, ma, come si scoprirà nelle ultime pagine del libro, più vicini di quanto egli possa immaginare.
Mettendo insieme due temi così forti, Proust e la guerra, accostandoli in un plot insolito, fatto di drammatiche rivelazioni che squassano la vita dei personaggi come deflagrazioni, Pierre Besson ha scritto un romanzo di grande originalità, in cui s'intrecciano situazioni e personaggi storici ed elementi di fiction.
C'è Proust con le sue ossessioni, dal rapporto compulsivo con la scrittura all'amore morboso per la madre alla sua omosessualità mai completamente accettata.
C'è l'insensato macello della guerra con il suo corteo spaventoso di cadaveri, di bombe, di fango che un giovane soldato prova ad esorcizzare con l'amore e con il disperato bisogno di non essere un anonimo soldato, "un'ombra grigia e sporca"
C'è la denuncia dell'ottusità e della barbarie che non si manifestano soltanto sui campi di battaglia se è vero che in Francia, nel 1916, "è preferibile accoppare una vecchia signora che volere troppo bene a un ragazzo, se si è un ragazzo".
C'è una straordinaria figura di madre che del figlio sa tutto e conosce la sua omosessualità prima ancora che egli ne possa avere il sospetto.
E c'è la bellissima storia d'amore di Arthur Valès e di Vincent de l'Etoile. "Se qualcuno un giorno", scrive Vincent, "s'imbattesse nei miei diari, non abbia dubbi: tutto questo è verità; non abbia vergogna, perché noi non ne abbiamo; consegni i nostri nomi alla posterità anziché nasconderli istintivamente agli sguardi".
Ed è proprio per salvare le loro vite dall'oblio che Vincent scrive un suo diario, tenero e sensuale, innocente e scandaloso, che fa da impalcatura alla narrazione.
Al suo punto di vista si affiancano anche quello di Proust, che scrive lettere disincantate e malinconiche, che rievoca le sue estati a Cabourg o i paesaggi di Illiers o fa da mentore al suo giovane amico, e quello di Arthur, che dal fronte racconta la sua tragica abitudine alla morte, la mancanza di senso di un mondo in cui vengono uccisi "i giovani di vent'anni dalla pelle morbida".
Il romanzo è molto bello e senza timore di esagerare credo di poter dire che ci troviamo di fronte ad uno scrittore di grande talento, che sa unire ad una storia originale e appassionante uno stile di grande suggestione.