recensione di Vari
Legge del desiderio, La
Pubblicata con lo pseudonimo di "Abril" e il titolo La rappresentazione dell'omosessualità: la legge del desiderio e la pirotecnica confusione di sessi e generi sul sito "Fuorispazio.net". Riedito per gentile concessione del sito "Fuorispazio.net".
Nella filmografia di Pedro Almodóvar La legge del desiderio (La ley del deseo, 1987), è un film che è diventato un vero e proprio cult per gli omosessuali degli Stati Uniti (e non solo), affrontando in maniera diretta una storia di amore e di desiderio, appunto, omoerotica.
A proposito di questo film Almodóvar dichiara:
"Quello che pretendo di dimostrare è che l'omosessualità è qualcosa di normale, normale come qualsiasi altro rapporto sessuale. Perché io voglio che sia chiaro che La legge del desiderio non è un film di omosessuali, come pensa tanta gente. L'omosessualità non è la causa protagonista di questo film. (...)
A me quello che importa è il desiderio, ma succede che nel novantanove per cento dei film, quando ci sono scene di letto, escono un signore e una signora, e a me piace mettere due uomini. (...)
La gente non si scandalizza perché in fondo siamo tutti dei morbosi. I miei personaggi non sono una finzione. Ci sono molte persone che si vedono rispecchiate in essi, perché sono autonomi, imprevedibili, in grado di fare cose meschine e sublimi.
E poi, cosa è la morbosità? La legge del desiderio non ne contiene, esiste una relazione passionale tra due persone dello stesso sesso, il che è molto normale; quello che pretendo è che la gente lo veda come un fatto che succede quotidianamente. Non penso che la gente che ha visto il film si sia sentita scandalizzata.
I miei film sono in sintonia con l'epoca che stiamo vivendo, tutti i miei personaggi sono reali, non appartengono alla finzione".
La legge del desiderio rappresenta il punto di vista biografico sul tema della relazione tra amore e morte, già affrontato in maniera mitica in Matador. Tutti i film di Almodóvar contengono al loro interno elementi che sono parte della vita del regista, ma La legge del desiderio costituisce un caso a sé.
Lui stesso infatti afferma di aver usato la sua persona come materia d'ispirazione e di aver compiuto un pericoloso viaggio dentro se stesso, da cui poi ha avuto origine il film.
Un'indicazione piuttosto interessante, ai fini di questo discorso, proviene dalla risposta che nel film dà Pablo Quintero ad una intervistatrice, quando lei gli domanda cosa chieda alla persona amata. La risposta coincide infatti con quella data da Almodóvar in un'intervista del 1982.
Dice Pedro Almodóvar:
"Qualcuno che stia in salone mentre io scrivo a macchina, che metta i miei dischi preferiti e che non mi interrompa, che non cerchi di accompagnarmi alle feste dove mi invitano i miei amici, ma che io sappia che, quando torno, sarà in casa per ascoltare i pettegolezzi che sono disposto a raccontargli.
Che legga i miei stessi libri e li commenti, stando sempre d'accordo".
Invece Quintero dice:
"Che non cerchi di accompagnarmi alle feste, ma che rimanga a casa perché gli possa raccontare i pettegolezzi. Che non mi interrompa quando scrivo a macchina, che legga i miei stessi libri, che abbia una certa conoscenza di medicina, legge, idraulica, elettricità: in definitiva che mi adori, che non mi opprima e che accetti che sono inutile".
Questa autocitazione permette ad Almodóvar di riconoscersi nel suo personaggio, e ci fa comprendere come nel film coesistano due forme di autobiografismo: una esteriore, che mostra aneddoti appartenenti alla vita del regista; una più profonda, che è il risultato della sua introspezione.
Questo secondo aspetto risulta evidente sin dalla prima sequenza, che in qualche modo ci fornisce la chiave di lettura del film.
Un giovane in una stanza si appresta a seguire scrupolosamente gli ordini impartiti da una voce fuori campo, che gli dice di spogliarsi e di toccarsi. Immediatamente dopo, si è catapultati in una sala di doppiaggio, dove due uomini si danno da fare per rendere credibile la scena, che è l'ultima parte del nuovo film di Pablo Quintero.
In questa sequenza c'è veramente molto di Almodóvar. In essa si combinano infatti amore e narcisismo, il desiderio e il doppio, la necessità di sentire l'amore di un altro e l'accettazione che comunque si tratta di pura finzione. Fondamentale è il momento in cui il giovane, sempre seguendo la voce che lo dirige, si avvicina ad uno specchio e bacia la sua immagine riflessa. La voce fuori campo prova piacere unicamente nel riconoscimento del desiderio dell'altro.
Riaffiora il tema del doppio, questa volta intimamente legato alla vicenda tramite la figura di Antonio, personaggio che riluce come se fosse un'immagine speculare, ma dai riferimenti chiaramente sovvertiti. Il duplice, inoltre, si manifesta nelle voci dei doppiatori che separano il suono dall'immagine e che comunque hanno la funzione di alleggerire la tensione prodotta dalla durezza delle prime immagini.
L'inizio del film, oltre a questo, preannuncia molte altre situazioni.
Innanzitutto, ci viene mostrata la professione del protagonista, la sua sensibilità e la sua relazione con il desiderio, tema privilegiato della pellicola. Questo film nel film ci indica dove collocare la figura di Quintero: il desiderio è fin dall'inizio il suo luogo, ma l'aspetto predominante è proprio la mancanza di soddisfazione delle sue esigenze. Durante tutta la vicenda si può vedere che Pablo è desiderato da una persona che non ama, mentre colui che ama non lo desidera. È una vera e propria tragedia.
L'esplicazione dell'aspetto predominante della personalità di Pablo Quintero, tramite una scena del suo ultimo film, sembra fornirci una possibile chiave di lettura per l'intera produzione di Almodóvar: non perché anche per lui il cinema rappresenti lo specchio dei desideri, bensì perché mette in gioco il suo essere, a tutti i livelli.
A questo punto occorre soffermarsi su un discorso che Almodóvar inizia in Matador, ed approfondisce anche ne La legge del desiderio, ovvero il concetto di "legge".
In Matador essa non esiste, nel senso che non vi sono limiti ad impedire la soddisfazione dei propri desideri.
"Almodóvar, che è un amorale, non prende la legge come limite del piacere, né tantomeno sospende i divieti per gustarne la trasgressione". La legge dunque è assente, ed infatti i delitti di Matador restano impuniti.
Così come i tutori dell'ordine e della legge, ovvero i poliziotti da sempre presenti nei film di Almodóvar, non sono altro che "pretesti narrativi di qualcosa che non esiste e per questo incapaci di comprendere alcunché." Non esiste la legge e di conseguenza non esiste il castigo.
Esiste però un altro tipo di legge, difficile da definire: la legge del desiderio, che è l'unica norma cui il regista sembra rispondere.
Le leggi (letali) del desiderio
La legge del desiderio è articolato seguendo la costruzione tipica del romanzo. Ogni capitolo parla di un personaggio, introdotto ed accompagnato da Pablo Quintero, che non solo è il protagonista, ma, secondo quanto afferma il regista, rappresenta la "coscienza della storia".
Tutto il film è raccontato in funzione sua. Anche nella sequenza dell'omicidio, pur non essendovi, è presente tra Antonio e Juan, quasi come qualcosa di concreto.
Pablo conduce lo spettatore attraverso i capitoli del film. In ognuno di essi c'è dunque un protagonista diverso, ora Tina, ora Antonio o Pablo, ma non vi sono storie parallele, le loro vite si dipanano indipendentemente l'una dall'altra e ciò che le incatena ad un certo punto è l'omicidio, che in qualche modo li coinvolge tutti.
I quattro personaggi sono tutti chiaramente delineati e vanno a costituire una struttura quadrangolare, di cui Tina, l'unico personaggio femminile, rappresenta il quarto vertice. Ma nella vicenda c'è posto per un'altra figura geometrica, ovvero il triangolo, che rappresenta la relazione che si stabilisce fra i tre uomini: un triangolo di passione e di desiderio.
Punto focale di questo triangolo, come di tutto il film, è Pablo Quintero, un artista egocentrico che vive solo per se stesso. Il suo aspetto più interessante è il suo bisogno di sentirsi desiderato, più prepotentemente che la necessità di amare ed essere amato.
Pablo ama Juan, che lo riama senza però desiderarlo; Pablo allora cerca ciò che gli manca in qualcun altro. Incontra Antonio, la forza del cui desiderio è più potente di qualsiasi cosa, al punto che per soddisfarlo è disposto a rinunciare a tutto, inclusa la vita.
Ma Pablo se ne rende conto all'ultimo, ed è ormai troppo tardi quando, caduto il velo che lo acceca, capisce di avere di fronte "il doppio dello specchio".
La figura di Antonio non suscita molta simpatia, soprattutto all'inizio, quando non si capisce il motivo che lo spinge ad agire. È un ragazzo di buona famiglia, convenzionale e maschilista. Capace di lasciarsi andare ad una passione smisurata ma nello stesso tempo paladino di una mentalità rigida e reazionaria.
L'altro lato del triangolo, Juan, è il personaggio più vago, l'eterno indeciso che si lascia amare senza prendere una decisione. È il nemico immaginario di Antonio, l'impedimento che si oppone alla soddisfazione del suo desiderio, ed è per questo che deve morire.
Il personaggio comunque meglio delineato è Tina, la sorella di Pablo. Il suo drammatico passato è un mistero fino a quando lo racconta al fratello, per fargli tornare la memoria in una scena che è tra le più significative del film. I suoi ricordi sono dolorosi, ma di fronte alla sua attuale solitudine, costituiscono un patrimonio incalcolabile. La fuga con il padre a Casablanca, dove si fa operare, ed il successivo abbandono, sono un duro peso da portare; ma, come dice lei stessa a Pablo, è tutto quello che possiede.
Tina è il primo personaggio di Almodóvar che ha un passato, e questo le conferisce una forza pari solo a quella di Antonio, il cui
"destino è segnato sin dalla prima inquadratura. A Tina invece è concesso piangere, civettare, portare regali ai malati dell'ospedale, innamorarsi, cadere nella trappola di Antonio".
Tina riempie lo schermo con la sua presenza, la sua personalità dirompente le permette di ingrandirsi a dismisura, grazie a un grosso dispendio di energie. Il risultato è che gli sguardi del pubblico si calamitano tutti su di lei, distogliendo l'attenzione dalla pesante vicenda di passione e morte che si svolge tra gli altri personaggi.
Carmen Maura risolve questa interpretazione in maniera brillante. Ne emerge un personaggio unico, vero e artificiale allo stesso tempo, doloroso ma effervescente, duro ma anche tenero.
L'aspetto più evidente di Tina è il disagio che prova a vivere nel proprio corpo. Tutti i suoi gesti, il suo modo di camminare, le sue mani ci mostrano questa scomodità e inadeguatezza, sottolineando le sue insicurezze. Con Tina siamo davanti all'unico personaggio di cui è ricostruita per intero la vita, ma a ritroso, svelando la sua identità di transessuale, prima per frammenti allusivi, infine in modo esplicito, nella confessione al fratello Pablo. La sua condizione di sedotta e abbandonata ne fa un personaggio patetico, decisivo nell'economia del film. Carmen Maura interpreta questo ruolo, ma è Bibi Andersen, un vero transessuale, che recita la parte della madre della ragazzina.
Per Almodóvar, Bibi è una donna. Egli afferma a questo proposito che il cinema è una rappresentazione in tutte le accezioni del termine, ed è attraverso questa rappresentazione che giunge alla verità della realtà, non attraverso uno sguardo documentario.
Per la parte del transessuale in La legge del desiderio, quindi, Almodóvar non ci propone un vero transessuale, ma un'attrice che riesce a farsi passare per tale. Cosa abbastanza difficile, ci ricorda il regista, perché un transessuale non esprime, non mostra e dimostra la sua femminilità come una donna. Quello che gli interessa è che una donna rappresenti la femminilità esagerata, irritata e molto esibizionistica di un transessuale.
Da un punto di vista tecnico, gli attori sono guardati molto da vicino, i piani si restringono fino a comprendere solo il viso, se non parte di esso, dando luogo a esseri mostruosi ridotti a enormi occhi o bocche. È come se Almodóvar volesse guardare con una lente d'ingrandimento, per scrutare l'anima dei suoi personaggi.
Questo aspetto contribuisce a rendere quel senso di fisicità di cui è permeato tutto il film.
Ma molti altri elementi collaborano, affinché il film assuma questa consistenza corporea: il calore opprimente dell'estate nella città svuotata (ricordiamo la scena davvero molto sensuale di Tina che si fa innaffiare in mezzo alla strada), la droga, lo spessore dei personaggi ed infine, l'amore presentato in una forma chiara e senza artifici.