recensione diFrancesco Gnerre
Amato ragazzo [1899-1915]
Henry James conosce Hendrik Christan Andersen a Roma nel maggio del 1899. Egli ha 56 anni, Andersen 27.
I due trascorrono alcuni giorni insieme e quando James torna nella sua casa a Rye in Inghilterra, porta con sé un busto in terracotta che ha comprato da Andersen, raffigurante un giovane conte italiano.
Il busto avrà un posto d'onore nella sua casa: "lo avrò costantemente davanti a me quale amato compagno e amico".
Nell'agosto dello stesso anno è Hendrik che va per qualche giorno a Rye e James è sopraffatto dall'emozione e dalla felicità.
I due si incontreranno ancora poche volte, ma avranno una corrispondenza che durerà fino al 1915, un anno prima della morte di James.
Le settantasette lettere dello scrittore, tradotte e con testo a fronte, formano ora questo bel libro, che ci dà un'immagine per molti aspetti nuova della complessa sensibilità di Henry James e ci aiuta a capire meglio anche l'arte di Andersen.
Nato in Norvegia, ma trasferitosi presto in America insieme alla famiglia, Andersen si era stabilito a Roma nel 1897, dove rimane fino al 1940, quando muore lasciando allo Stato italiano tutte le opere e la sua casa, divenuta ora il Museo Andersen.
L'arte magniloquente e visionaria dello scultore lascia perplesso Henry James, ma il Museo merita una visita: è l'apoteosi del kitsch con giganti di bronzo e maestosi nudi che avrebbero dovuto ornare palazzi e giardini di una fantasticata Città Mondiale.
Conquistato dalla bellezza del giovane e dal suo innocente entusiasmo per l'arte, James si innamora di lui, senza che l'amore influenzi in alcun modo il suo giudizio critico, che si esprime anche in maniera diretta e cruda:
"perché questa, carissimo ragazzo, è l'Illusione terribile contro cui ti metto in guardia che si chiama in termini scientifici Megalomania".
L'amore infonde però nello scrittore un coraggio inedito nell'esprimere i suoi sentimenti e questa è la novità più interessante di queste lettere. La scrittura controllata e sempre entro i limiti dei codici repressivi dell'età vittoriana, si fa improvvisamente audace, ovviamente dell'audacia a cui può arrivare James.
Lo scrittore diviene maternamente premuroso, esprime la sua frustrazione per una incolmabile lontananza e soprattutto esplicita un inedito desiderio di fisica intimità fatto di immagini di mani e braccia che si protendono, si sfiorano, si toccano:
"ti tendo le braccia e ti tengo stretto, attraverso la Manica e le Alpi e gli Appennini",
"quando potrò davvero posare le mani su di te - e come le poserò!",
"lascia che (la mia mano) ti si adagi sulla tua spalla, che vi si posi, leggera, come una colomba la cui ala potresti accarezzare con la guancia: sentila il più a lungo possibile".
L'"amato ragazzo" fa così venir meno quel "panico omosessuale" individuato dalla studiosa americana Eve Kosofsky Sedgwick in molta narrativa di fine dell'Ottocento e in Henry James in particolare, fino a far pronunciare allo scrittore la parola "amante" a proposito di un altro uomo, come mai aveva fatto in nessuno dei suoi romanzi:"ritorno a Rye il primo di aprile e averti lì prima o poi, e circondarti con le mie braccia e farti appoggiare a me come a un fratello e a un amante, e tenerti per sempre, questo cerco di immaginarmi possibile, raggiungibile, non interamente fuori questione".