Delitti di libidine

20 aprile 2005

Letto e citato nella ristampa Grenoble, Jérome Millon, 1995.


Nel complesso processo di medicalizzazione dell'omosessualità cui si assiste in epoca moderna una parte significativa è stata giocata dalla medicina legale, e in particolare dalle teorie secondo le quali la pratica sodomitica lascerebbe segni corporei tangibili che permetterebbero al medico di individuare i pederasti e di consegnarli alla giustizia.


Il massimo sostenitore di queste teorie è stato il medico francese Ambroise Tardieu in questo suo trattato destinato a notevole successo e circolazione, anche in Italia.


Aprendo la parte del suo libro dedicata alla pederastia, Tardieu (pp. 156-157) si stupisce del fatto che dei suoi predecessori quasi nessuno si sia dedicato alla descrizione di quelli che egli ritiene siano i tratti somatici caratteristici del corpo omosessuale, che pure emergevano talora già nelle opere dei poeti satirici antichi.

Questa osservazione banale è già significativa di un'incapacità di mettere in prospettiva storica un sapere che ha pretesa di assoluto in uno scienziato che, pur professando oggettività, rigore e onestà di intenti ad ogni pagina (con tale ossessività da far nascere il dubbio di essere egli stesso poco convinto), non può evitare di caricare di segni morali l'oggetto del suo lavoro. Tanto da parlare sì di pederestia, ma anche, pagina per pagina, di «infame turpitudine», «triste soggetto», «vizio schifoso», ecc., di fronte al quale confessa a più riprese il proprio disgusto giungendo a scusarsi di doverne trattare.


A Tardieu pare dunque impossibile che nell'antichità non sia esistita quella alleanza tra sapere medico e potere giudiziario-politico che caratterizza il suo tempo e dalla quale nasce il suo trattato, per sua stessa ammissione (p. 155): scrive infatti che la trattazione della pederastia si rende necessaria visto l'aumento dei casi in cui i medici legali sono chiamati a condurre perizie su individui sospettati di tale riprovevole condotta, e il suo stesso trattato vorrebbe servire da manuale per questo genere di perizia (con tanto di consigli su come condurre per bene l'ispezione dei corpi), al fine di favorire la «sorveglianza» e la «repressione» dei pederasti.


Tardieu descrive nei minimi dettagli tutti i segni a suo dire ricorrenti negli individui dediti a costante pratica omosessuale, siano essi passivi e/o attivi. Nei primi si avrà dunque una particolare conformazione dell'ano, che è poi il segno somatico più frequentemente descritto e ritenuto da tutti i trattatisti in materia il tratto più sicuro e riconoscibile della pederastia.

Ma Tardieu non si accontenta (se si fosse limitato ai pederasti passivi, il suo trattato non sarebbe un grande novità), e sottopone a meticolosa analisi anche gli organi genitali. Eccolo dunque descrivere il pene tipico del pederasta attivo come conico e allungato, strozzato dalla prassi dell'inserzione anale e conformato - lo dice a più riprese - come quello di un cane. Il paragone bestiale che piace tanto a Tardieu non è casuale: omosessualità e bestialità erano accomunate dall'essere considerate entrambe pratiche contrarie alla natura e alla morale pubblica e vengono sempre trattate insieme nei testi di medicina legale dell'epoca.

Tardieu si spinge a sostenere che persino la pratica regolare del sesso orale lascerebbe segni deformanti sulla bocca e sulle labbra (p. 186).


Ma la "finezza" analitica di Tardieu, nonché la sua convinzione di asserire verità lapalissiane anziché allucinazioni che avrebbero fatto ridere persino alcuni suoi colleghi appena pochi anni dopo (cfr. ad esempio le critiche sollevate da Vibert e da Casper), è da cogliere talora tra le righe e in alcuni dettagli, come nel caso della dimensione del pene.

Come si constata facilmente dai 23 esempi di analisi riportati in appendice, Tardieu è fissato con la dimensione degli organi genitali anche se, pur sempre uomo dell'Ottocento, per la verità va un po' a occhio e soprattutto - ci tiene a specificarlo - si limita a sbirciare il pene a riposo. Nondimeno, si dice scientificamente convinto che gli omosessuali attivi abbiano membri inusitatamente grossi o al contrario sorprendentemente piccoli. Come si vede, il punto è che non sono normali. Anche in questo caso Tardieu è perentorio: «in tutti i casi, le dimensioni sono eccessive, in un senso o nell'altro» (p. 188, corsivo mio). Curiosamente, benché specifichi che di solito i membri sono più gracili del normale e solo molto raramente più grossi, sono questi ultimi a essere più frequenti nei casi empirici riportati in appendice...


Come in parecchi altri passi del trattato, anche sulla questione della dimensione Tardieu spaccia le proprie congetture per deduzioni scientifiche, usando le sue stesse perizie come prove per qualsiasi illazione. Così la dimensione anormale, in un senso o nell'altro, del pene del pederasta diventa "prova" (sebbene non esplicitata come tale) dell'anormalità del pederasta stesso. Come si vede, l'indagine medica si trasforma in una sorta di indagine semiotica nella quale i caratteri fisici sono chiamati a significare qualcos'altro, sono investiti di convinzioni culturali incapaci di confessarsi tali per necessità di autopromuoversi a un valore assoluto.


Se il povero pederasta minus habens aveva poco da stare allegro (si riteneva che la sua normale crescita fisica si fosse bloccata), l'essere superdotato, lungi dal venire considerato un vantaggio evolutivo, un riflesso del grado di virilità o un vantaggio nella gara ansiogena nei confronti del Fallo, ancora tutta da teorizzare, era considerato il segno di pratiche sessuali smodate e insane (in senso propriamente medico e già per il semplice fatto di eccedere quella misura e quell'autocontrollo che erano valori imprescindibili del perfetto cittadino maschio, la cui rispettabilità discendeva anche dalla continenza). Non a caso si credeva che a essere superdotati fossero i maschi delle razze considerate inferiori.


Si riteneva anche che un pene troppo (o precocemente) sviluppato fosse tipico dei masturbatori incalliti, come lo stesso Tardieu non manca di ribadire in ogni analisi di omosessuali superdotati. Ora, sodomia e masturbazione nell'Ottocento erano legate a filo doppio nella loro comune connotazione perversa, nella convizione che spesso una pratica portasse all'altra (del resto, più in generale, era convinzione radicata che la masturbazione fosse la madre di ogni perversione e di ogni malattia). In proposito è interessante notare come la descrizione generale fornita da Tardieu del complessivo stato di debilitazione fisica cui la prassi della pederastia porterebbe sia del tutto analoga a tante analisi coeve degli effetti della masturbazione:


Non occorrono lunghe analisi per stabilire il fatto che gli atti di dissolutezza contro natura, ai quali si dedicano i pederasti, devono inevitabilmente alterare la salute generale in modo più o meno profondo. Ho potuto verificare da me in troppi casi l'aspetto miserabile, la costituzione debilitata e il pallore malaticcio dei prostituti pederasti; [...] questo abuso di piaceri vergognosi mina e distrugge la salute [...]. (p. 174, corsivo mio)


Con la masturbazione, la pederastia condivide anche la possibilità di fare da premessa ad altre malattie gravi come tisi polmonare, paralisi e follia (p. 175).


Vale infine la pena di notare come Tardieu tenti di dare sostanza oggettiva al suo disprezzo per i pederasti e di validare con argomenti legali l'esigenza della collettività di reprimerli e perseguirli (la pederastia farebbe infatti da culla ad alcune forme di criminalità particolarmente pericolose, quali la prostituzione e l'omicidio). Ma in realtà la pederastia per Tardieu deve essere «estirpata» per se stessa, anche senza considerare cosa ne può conseguire (emerge chiaramente, per es., a p. 191).

In questo genere di osservazioni, comuni a diversi trattatisti del tempo (cfr. ad esempio Les deux prostitutions di Carlier), emerge tutto il carattere eminentemente reazionario di questi autori: vorrebbero infatti che la pederastia fosse nuovamente dichiarata illegale (in Francia non lo era più dal 1791), senza bisogno di aspettare che si trasformi in crimini (ciò che si ritiene automatico, specialmente nelle città) come la prostituzione o la violenza sessuale.

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