recensione diVincenzo Patanè
Cortesie per gli ospiti
A differenza del romanzo di Ian McEwan - ambientato in una città indefinita, in cui però non è difficile riconoscervi Venezia - qui è stata scelta di proposito la città lagunare, riletta in uno stile ben definito, in modo da essere il palcoscenico ideale per una vicenda così assolutamente particolare e torbida.
La Venezia di Schrader è sporca e levantina, quasi una casbah dai caldi colori, giallo, ocra e arancio: una città che, soprattutto nel deserto della notte, evoca un esausto disfacimento, quel senso di morte che incombe anche nella casa lugubre e decadente di Robert e Caroline. Una città-labirinto, in cui, come una pallina dentro un flipper, Colin e Mary si perdono fisicamente e metaforicamente, cercando vanamente di ritrovarsi e di capirsi.
Venezia è dunque la scacchiera di un gioco perverso, in cui le due coppie che vedono incrociati i propri destini appaiono fatalmente complementari e la cui posta è il bel Colin. La coppia più matura plagia e fagocita quella più giovane, intrinsecamente più debole. Robert è un fascista ossessionato dal ricordo del padre autoritario, che aspira ad un mondo dove gli uomini comandino con forza sulle donne, e che sfoga il suo sadismo con Caroline, nel film vittima e carnefice, a cui ha spaccato la schiena nei loro giochi erotici. Mai pago nel suo desiderio di dominio, Robert trova negli apatici ed irrisolti Colin e Mary le sue facili vittime. E' però il maschio l'oggetto del suo desiderio, di una sensualità distruttiva che non si appaga nell'atto sessuale ma nell'uccidere con violenza ciò che si brama.
Nel film l'omosessualità di Robert è evidente: si serve per eccitarsi delle foto di Colin, che spaccia in giro per suo amante, il bar di sua proprietà ha un'atmosfera che rimanda a un locale gay ed i suoi amici dànno pizzicotti a Colin.
Nel film l'oscurità di molti passaggi funge da affascinante stimolo ma è anche un percorso non sfruttato appieno e che desta perplessità.
I quattro attori non sono molto convincenti - soprattutto la Richardson e Walken, in definitiva poco morboso - e lo stesso Everett è monocorde nell'espressione, benché sappia riscattarsi in una carnale presenza fisica, evidente nei molti nudi.