recensione diDaniele Cenci
Servitore, Il. Un emulo fiammingo di Gerard Reve
L'esplorazione dei vari volti dell'Eros è "il principale motore" della vita di Jan, letterato fiammingo.
La sua solitudine - condivisa con un gatto - viene infranta dall'apparizione di un angelo magrebino: è il "fioraio" Mimoun, lontano dal logoro stereotipo machista predominante nelle fantasie dell'occidentale medio.
Tra attrazione e repulsione, entrambi lottano contro la differenza di classe e il razzismo omosessuale che rischia d'intossicare "sotto pelle" il loro inedito rapporto schiavo/padrone.
Lo scrittore, pur di avere tutto per sé il ragazzo arabo, lo fa scacciare con scandalo dai genitori, spingendolo a rifugiarsi presso di lui. L'ignaro Mimoun per sdebitarsi comincia ad occuparsi nella nuova casa dei lavori più umili, mentre s'intensifica irrefrenabile il loro corpo a corpo erotico. Arte culinaria - il giovane è un ottimo cuoco - e seduzione sono gli ingredienti di una relazione che si sviluppa nonostante l'ostilità del mondo circostante.
Il romanzo è costellato da una serie di "novelle", nella migliore tradizione orientale, in cui emergono i fantasmi S/M che ossessionano Jan.
Tra queste si segnalano: la dissacrante "Il corpo di Cristo", ambientata nella Roma del World Pride 2000, con un'inedita equazione sadiana tra ostie ingerite e partner occasionali; "Coprirsi bene", tutto giocato sull'oscura tentazione del barebacking; "Pruriti di primavera", un pericoloso incontro ravvicinato con un portatore sano...di piattole; o infine lo sbalorditivo "Le natiche di Sebastiano", una sperticata lode del culo maschile.
Mimoun, attento e complice, si fa rapire dai mille racconti del suo amante scrittore: e realtà e fantasia si confondono impercettibilmente anche in noi lettori.