recensione diDaniele Cenci
Chris. Un coming out fra Singapore e Australia
"Se scopro che quella mente inquisitrice preferisce funzionare con degli stereotipi, le chiedo dell'uovo e della gallina",
pensa Chris quando gli domandano come è giunto alla consapevolezza di essere/sentirsi gay.
Dal primo partner (Ken, un compagno di università privo del coraggio di accettarsi fino in fondo) ha in dono Maurice di Forster con l'annotazione: "un racconto grandioso e toccante di un amore omosessuale".
Sotto forma di libro o film, il capolavoro postumo dello scrittore inglese si riaffaccerà come nume tutelare in diverse pagine del romanzo.
Nell'esperienza del sesso e degli affetti, il nostro eroe impara che il nocciolo dell'esistenza di ognuno sta nel "vivere, imparare e ricordare mentre le persone entrano ed escono" dalla propria storia.
Chris è un diario a tratti ingenuo - come può esserlo uno scrittore di vent'anni che ha urgenza di cimentarsi in una materia autobiografica rimossa nella cultura dove gli è toccato crescere (la Singapore degli anni '90) - ma appare immune dalla retorica "ombelicale" di molte educazioni sentimentali della nostra epoca.
Tra auto-controllo e "struggimento irresistibile" per le strade interrotte e le occasioni sfumate, sostenuto dalla disincantata amicizia di Nick, il protagonista affronta le prime delusioni amorose e un duro servizio di leva.
Alla visita d'arruolamento non nasconde d'essere attratto dalle persone del suo sesso.
L'omofobica burocrazia militare lo bolla come "tre-zero-due", un codice di declassamento legato al dichiarato orientamento gay, che rischierà in seguito di tagliarlo fuori dal meritato posto di deejay in un programma radio per le forze armate: ma in suo favore si batterà la produttrice lesbica Brenda.
In caserma intanto esplodono le sue pulsioni a contatto con un rude sergente, che arriva quasi a violarlo.
Durante una cena, il suo insospettabile superiore (il tenente Samuel ) per conquistarlo gli rivela di aver fatto parte dell'Associazione gay-lesbica quando studiava a Yale, venendo meno al don't ask, don't tell, regola d'oro di tutti gli eserciti, dove si trovano a stretto contatto coloro che "affamano" i propri desideri e quelli che invece li "nutrono", senza ipocrisie.
In vacanza in Australia, Chris incontra Jack: in un cinema a luci rosse di Sidney si dipana ulteriormente la mappa erratica/eretica dell'eros del giovane soldato.
Nella terra del Mardì Gras (l'oceanico Pride, che lì si tiene durante l'estivo febbraio) si fa però intollerabile scoprire che
"ogni giorno c'erano politici che provavano a convincere il governo a reintrodurre leggi repressive sull'omosessualità, a cacciare gli omosessuali dalle scuole e mettere in una solitaria segregazione chi soffriva di Aids".
Chris riesce a superare la sottile linea d'ombra tra amicizia e amore che finora gli ha impedito di "raggiungere" l'insicuro Samuel, inizia a condividere con lui la sua vita.
Ma è in agguato un crudele destino: a seguito di un incidente, una trasfusione di sangue trasmette a Samuel il virus dell'Hiv e lo deruba del coraggio di guardare al futuro.
"Viviamo di giorno in giorno persi in un qualche libro o film, oppure nei fatti di qualcun altro, tanto da perdere l'acutezza della percezione della propria vita.
Ci si dimentica che nessuno ha mai promesso che tutto debba accadere nel modo in cui ci si aspetta che accada".
Poi lo sviluppo della malattia, il ricovero.
Lo stile si fa più rarefatto e incisivo, denso di un dolore indicibile: e ritroviamo le forti emozioni provate leggendo altri autori (tra i tanti: Tondelli, Guibert, Dreuilhe, il Simonini de L'angelo custode).
"Sopravviverai a Samuel perché lo ricorderai con calore e con allegria e vivrai perché hai molto da condividere con le persone che incontrerai sul tuo cammino.
Perciò, per il ricordo di tutto quello che voi due rappresentavate, vivi",
sigla l'amico Jack, evocando la chiusa de Il piccolo principe.