recensione diMauro Giori
Fuoco nelle viscere
Scritto nel 1981, tra Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio e Labirinto di passioni, questo romanzo breve mostra alcuni dei caratteri tipici del mondo almodovariano, al solito dominato dai personaggi femminili e tutto all'insegna di un'emancipazione che passa attraverso la liberazione sessuale e la scoperta del piacere. Il tutto riposa su intrecci che, soprattutto in questi anni, erano felicemente deliranti, mentre forma e linguaggio sapevano essere efficacemente volgari (si pensi, oltre ai film, anche alle celebri imprese letterarie di Patty Diphusa).
In questo romanzo abbiamo un industriale cinese che prima di suicidarsi inventa un nuovo di tipo di assorbenti. L'idea geniale è quella di fare un assorbente per tutti i giorni del mese e le prime a provarlo, se vogliono intascare l'eredità, dovranno essere le sue ex-amanti (numerose, perché tutte lo hanno piantato dopo breve tempo: una di loro, Lupe, dopo essere fuggita con un gruppo di hippy, si è pure scoperta lesbica e si è innamorata di una donna eterosessuale, per cui medita di cambiare sesso). Ma l'assorbente rilascia sostanze che provocano nelle donne attacchi irrefrenabili di ninfomania che mettono a soqquadro Madrid e causano anche parecchi morti.
Gli episodi spassosi e le follie si susseguono pagina per pagina, ma sotto si disegna una satira della società e dei ruoli di genere tradizionali, senza contare le possibili suggestioni di un romanzo su un'improvvisa epidemia a trasmissione sessuale che mette nel panico le istituzioni, pubblicato l'anno stesso in cui si inizia a parlare di AIDS.