recensione diMauro Giori
Quelle due
Questo solido melodramma di William Wyler e Tempesta su Washington di Preminger, uscito poco dopo, sono due film importanti nella storia del cinema gay perché segnano una piccola rivoluzione nelle modalità con cui Hollywood tratta l'omosessualità. Da ormai un decennio il Codice Hays andava indebolendosi sempre più e le riforme continue cui veniva sottoposto rappresentavano solo il disperato tentativo di tenerlo in vita, non certo - a dispetto di quanto si dichiarava ufficialmente - un reale intento di aggiornamento nei confronti dell'evoluzione della società americana.
Ecco dunque che finalmente si può affrontare direttamente l'omosessualità, sebbene il termine non venga mai utilizzato esplicitamente e si continui a ricorrere ad esasperanti perifrasi. Però che di lesbismo si tratta è inequivocabile e Martha alla fine può dichiarare a Karen il suo amore senza reticenze: "ti amo", le dice, "nel modo in cui loro dicono" (ecco una delle perifrasi al posto di "sono lesbica"). Per rendersene conto basterebbe confrontare questo film con l'altra versione del dramma di Lillian Hellman che lo stesso Wyler aveva girato trent'anni prima (La calunnia, 1936) e in cui di lesbismo non rimaneva traccia (tanto che Martha, alla fine, poteva evitare di suicidarsi).
Wyler sottolinea con efficace semplicità i risvolti drammatici della vicenda senza negare qualche misurato tocco umoristico e ci consegna in buona sostanza un forte atto d'accusa contro il conformismo e il perbenismo della società americana, armati del potere distruttivo della calunnia (il titolo italiano è - cosa rara - singolarmente efficace, ispirato probabilmente a quello originale della prima versione del film, These three). C'è un fondo satirico piuttosto rilevante nel fatto che la bugia di una bambina perfida (ma perfida al punto che la boccolosa Baby Jane Hudson era un tesorino affettuoso) sia più efficace di un intero processo, che non riesce a smascherare la menzogna. Ovviamente tale bugia non sarebbe efficace se non fosse sostenuta, inconsciamente o meno, dall'ignoranza e dai pregiudizi della gente, riassunti prima nell'atteggiamento isterico della nonna accecata dal moralismo, e poi nella sentenza del tribunale: "reciproca e peccaminosa conoscenza carnale" (la scena del processo è stata tagliata dal montaggio finale ma la sentenza è comunque riportata in un dialogo successivo).
Tutte queste belle intenzioni non hanno evitato che il film suscitasse perplessità per il modo in cui rappresenta il lesbismo, e non solo per il suicidio rituale dell'omosessuale (Martha alla fine si impicca, prima lesbica ma ennesimo personaggio omosessuale a farlo).
Il punto cruciale è il dialogo tra Martha e Karen che precede il suicidio, nel quale Martha confessa il suo amore di lunga data per l'amica. È un confronto estremamente drammatico che si presta a diverse letture. Sebbene Wyler abbia eliminato la lenta presa di coscienza di Martha che poteva essere seguita nel dramma teatrale, allo spettatore attento non sfugge certo la sua progressiva perdita di controllo di fronte al fidanzamento tra Karen e Joe. Questa confessione finale non dovrebbe suscitare quindi una gran sorpresa e Martha, che è un personaggio comunque molto positivo, può essere quindi vista semplicemente come una vittima della repressione sociale dell'omosessualità che le causa poco salutari inibizioni, frustrazioni, e complessi di colpa. Quando Karen le dice che non è certo la prima lesbica della storia e che non tutte le lesbiche sono state rovinate per essere tali, e Martha risponde che "quelle sono le persone che lo vogliono, che ci credono, che lo hanno scelto da sole", probabilmente si mischiano luoghi comuni duri a morire e l'autentico desiderio di mostrare in Martha le conseguenze poco salutari di una repressione culturale assorbita dalla società (Karen non si scandalizza e non si scompone, ma è pur vero che non parla di lesbismo, bensì di peccato).
Che si suicidi per vergogna del proprio lesbismo, come pensa Russo (ma appare chiaro che ormai da tempo ha capito quello che c'era da capire), o per disperazione, o ancora per liberare Karen dalla sua presenza, rimane il fatto che sebbene il lesbismo sia presentato come un comportamento deviante, devia da una norma che è messa sotto accusa dall'inizio alla fine del film.
Nell'ultima sequenza Karen (che, pur scioccata, non aveva rinnegato l'amicizia di Martha e la voleva comunque al suo fianco) riscatta il suicidio dell'amica con una prova di dignità che schiaccia tutti gli altri personaggi, Joe incluso, negando qualsiasi lieto fine. Il fatto che Martha parli del proprio amore per Karen come di un atteggiamento peccaminoso non significa che il film sostenga questa tesi (sebbene sia stata sfruttata per il suo lancio commerciale, facendo appiglio sul potenziale scandalistico del tema): la prospettiva di Martha serve a ritrarre in un'altra forma le frustrazioni prodotte dai pregiudizi. Si deve infatti ricordare la scena un po' inquietante in cui il garzone si infiltra in casa per osservare da vicino Martha e Karen, per vedere insomma come sono fatte le lesbiche (lo stesso faranno alcuni paesani di passaggio dalla strada), e Martha lo affronta rivendicando la sua umanità e la sua normalità.
Mi pare anche significativo il fatto che l'orrore sociale di fronte al lesbismo, incarnato dalla nonna della bimba pestifera, giustifichi se stesso con il pretesto di mettere al sicuro le bambine. Quello che fate è affar vostro, dice sostanzialmente a Karen e Martha, sostenendo di non sopportare però il fatto che hanno "giocato con la vita di molte bambine". Russo pensa addirittura a esplicite "allusioni sulle molestie alle bambine". Più semplicemente, mi sembra si faccia riferimento al luogo comune dell'omosessualità come malattia contagiosa e dell'omosessuale sempre a caccia di giovani vittime da convertire all'omosessualità, scempiaggini ancora molto vive in quegli anni. Ma tutto il film dimostra evidentemente come Martha non solo non abbia nessuna mira sulle bambine, ma sia invece un'ottima insegnante.
In conclusione mi pare evidente cosa Wyler voglia attaccare, meno cosa voglia difendere. Sebbene non arrivi a essere una vera e propria apologia dell'omosessualità in sé, Quelle due se non altro affronta e discredita alcuni luoghi comuni che la riguardano, mostrandola come una realtà diversa da quegli stessi luoghi comuni, e criticando fortemente chi si lascia guidare dai pregiudizi, che sono trattati come sinonimo di ignoranza. Per un melodramma hollywoodiano non è poco.